I limiti strutturali diventano elementi di forza della pasticceria cinese Angelot. Dove i dolci sono esposti in piccole teche, come gioielli

HANGZHOU (Cina). Nessuna ampia vetrina, nessun colore che spicca e attira lo sguardo, nessun logo se non un semplice nome. Difficile immaginare che questo locale, incastonato nella facciata del moderno edificio che lo ospita come all’interno di una cornice, sia una pasticceria. Un negozio di gioielli, magari, oppure una galleria d’arte. Eppure, guardandola dall’esterno, l’Angelot lascia intravedere una piccola teca dove, al posto di oro o dipinti, espone un pasticcino. Un capolavoro di pasticcino. Ad Hangzhou, nella Cina delle architetture più esuberanti ed eccessive, questa pasticceria spicca proprio per il suo essere lontano dagli schemi: è sobria, elegante e forse per questo, incredibilmente glamour. Difficile non lasciarsi sedurre dal richiamo di quelle piccole teche che sembrano uno scrigno. Già dall’esterno tutto sembra frutto di una ricercata scelta stilistica: l’ingresso effetto luxury box, le sue dimensioni compatte rispetto al fronte arretrato, l’elegante rivestimento a piastrelline che richiama la macro squadratura della facciata. Chi mai potrebbe immaginare che questa facciata tanto definita sia in realtà frutto di un semplice stratagemma per far fronte a un ordinario ma alquanto scomodo problema tecnico?

Soluzioni intelligenti per superare vincoli strutturali

La pasticceria Angelot è infatti realizzata in uno spazio dai vincoli a prima vista insormontabili, tali da mettere in discussione più di una volta la scelta della location da parte dei proprietari. Primo tra tutti un pozzetto di sfiato dell’aria che occupava un terzo della facciata e che non poteva essere spostato, poi la struttura su cui si doveva intervenire che si presentava già parzialmente oltre il filo facciata e infine una pianta lunga e stretta che si affacciava verso uno spoglio e triste cortile. Condizioni, in pratica, che avrebbero impedito sia un ingresso facilmente accessibile, sia la presenza di vetrine espositive. E si sa che in una pasticceria la vista del dolci è, per i passanti, una grande attrazione. Lungi dal farsi scoraggiare, i Say Architects che si sono occupati del progetto hanno creato una serie di soluzioni alternative: «Invece di nascondere semplicemente tutti questi svantaggi, abbiamo cercato di usarli collegandoli ad un concetto semplice: un senso del rituale svelato gradualmente». Come prima cosa hanno mantenuto la struttura originaria creando però un ingresso a “imbuto” che cela dietro una griglia (che ben si armonizza con il pattern geometrico delle superfici) il famoso pozzetto, dopodiché hanno sostituito le classiche vetrine espositive con due piccole teche vetrate dove i dolci sono esibiti come gioielli pregiati. La mancanza di un’ampia esposizione su strada è diventata un punto di forza: l’Angelot si presenta come un luogo d’eccellenza, uno spazio da scoprire che si svela poco a poco. Così, chi vuole assaggiare torte e pasticcini si deve addentrare nel locale varcando un percorso sinuoso, accompagnato da pareti curve e da un’atmosfera eterea. Oltrepassato questo ingresso, i 150 mq della pasticceria non smentiscono le aspettative: il primo ambiente che si incontra è la sala esposizione e vendita, con un lungo bancone in pietra chiara rivestito parzialmente in legno. Ampio e monolitico, questo elemento è frazionato in tre blocchi che, in ordine, fanno da bancone bar, teca d’esposizione dei dolci, e banco distribuzione. Una soluzione unica per tre diverse esigenze. Alle spalle del bancone, il laboratorio. Tutte le pareti, così come il controsoffitto, sono stati trattati con un rivestimento in cemento rinforzato di fibre di vetro, una finitura che scalda la tonalità del bianco e la rende più morbida, più soft. Tre gradini differenziano la zona degustazione, ampia e dalla luminosità rarefatta. Questo era un altro dei problemi che aveva messo in crisi i titolari: ampie vetrate affacciate su una vista da nascondere. La soluzione è stata la più semplice: tende semitrasparenti che schermano la vista esterna ma lasciano filtrare la luce solare. Infine, quattro piccoli alberi di limone portano l’esterno all’interno, formando uno spazio intimo e privato.

Uno spazio che si svela passo dopo passo

Un percorso sinuoso fa da ingresso a questa pasticceria. Lo spazio interno è diviso in tre zone, una che fa da esposizione/vendita con un lungo bancone, un laboratorio chiuso alla vista e, saliti pochi gradini, una vasta sala degustazione. Spiegano i progettisti: «Il percorso d’ingresso ha un’altezza più bassa rispetto al soffitto del locale interno, dando la percezione a chi entra di penetrare nello spazio come in una grande sala improvvisa. È un percorso che conduce verso una sorta di giardino segreto che lentamente dispiega gli spazi ai suoi ospiti». È il loro tratto distintivo, la filosofia che li guida in ogni intervento «Vogliamo creare una sensazione di spazio narrativo e personale per ogni progetto che curiamo». Le sedute sono state posizionate non tanto per sfruttare al massimo lo spazio ma per dare all’ambiente luminosità: ecco quindi che una serie di tavolini trovano posto in mezzo al locale, mentre una serie di divanetti è schierata accanto alle ampie finestre schermate con tende semitrasparenti così da impedire la vista ma lasciar filtrare la luce. Spesse tende bianche e coprenti rivestono invece le pareti laterali, così da creare una sensazione di avvolgente accoglienza.

Barbara Delmiglio e Chiara Naldini

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