Banana, mango e papaya, coltivati nelle Isole Canarie, sono stati i protagonisti di un inedito concorso dedicato ai giovani pasticceri spagnoli. Le impressioni a caldo del nostro esperto, in giuria
San Sebastián (Spagna). In occasione della tredicesima edizione di Gastronomika, svoltasi di recente nei Paesi Baschi, si è tenuto il primo Concorso nazionale di dolci realizzati con i frutti tropicali di Tenerife. Alla competizione, promossa dal Consiglio di Tenerife, hanno partecipato otto giovani pastry chef, in rappresentanza di altrettanti locali di diverse regioni spagnole, che spaziavano dal semplice ristorante gourmet al tre stelle Michelin. Le Isole Canarie godono di un particolare clima subtropicale che ha permesso, fin dal V secolo di adattare vari alberi da frutto esotici, tipici delle zone calde di altri continenti. La grande varietà di microclimi presenti nell’arcipelago, così come la posizione favorevole all’accumulo di correnti umide, permette le giuste condizioni per la coltivazione di una gran varietà di banane, avocado, papaya, frutto della passione, guava, mango, pithaya, solo per citarne alcuni. È in queste isole che esploratori e commercianti portoghesi e spagnoli hanno avuto modo di sperimentare nei secoli la coltivazione di frutti sconosciuti in Europa, iniziando con le banane, la papaya, il mango e l’ananas da India, Indonesia e Sud est asiatico nel ‘500 per arrivare all’avocado e al frutto della passione del Nuevo Mundo successivamente alla scoperta dell’America.
Una voce importante nell'economia delle Isole Canarie
«Fino all’epoca coloniale delle grandi scoperte geografiche le Canarie erano diventate il luogo di quarantena e sperimentazione di nuove coltivazioni, per prevenire l’introduzione di epidemie, ma anche di parassiti e problemi alle coltivazioni in Europa», racconta un funzionario del Consiglio di Tenerife dal palco di Gastronomika. Oggi, a partire da quelle micro coltivazioni primordiali dei contadini locali, la produzione di frutti tropicali è diventata una voce importante dell’economia locale e al tempo stesso una risorsa per ristoratori e pasticceri, che li stanno inserendo sempre più frequentemente nei loro menu. Ogni isola ha una sua specializzazione, grazie al suo microclima e terreno. Nelle zone costiere di La Palma, Tenerife e Gran Canaria si coltiva l’avocado, l’ananas sull’isola vulcanica di El Hierro, il mango nell’isolotto di La Gomera; ovunque la qualità in termini d’intensità di sapore, profumo, colore e sapore è molto alta.
Punto di partenza, conoscere a fondo i frutti
L’aspetto positivo di questa prima edizione del Concorso nazionale di dolci realizzati con i frutti tropicali di Tenerife è stata che tutti i giovani pastry chef hanno dimostrato una profonda conoscenza del frutto, a partire dalle sue peculiarità gusto olfattive, e la volontà di applicarsi dal punto di vista della tecnica, con l’intento di esprimere al meglio le caratteristiche di ogni singolo frutto. Ogni concorrente doveva elaborare una ricetta utilizzando uno o più frutti tropicali scelti tra la banana, la papaya, l’ananas, la guava, e l’avocado. Alcuni, come il catalano Frederic Wilhelm Miralles del Restaurante la Boscana con la sua Mini papaya ripiena di polpa di guava rosa e sferificazione di papaya, hanno dimostrato di aver approfondito lo studio dell’uso dei frutti nelle culture native, valorizzando i punti di forza in termini di abbinamenti e consistenze; altri, come il vincitore del concorso, il giovane galiziano José Bertolo Fernandez di Casa Solla con il suo Pigles y gofio, una rivisitazione di un classico della gastronomia spagnola, il gofio, ha saputo “piegare” i sapori della banana agli ingredienti della ricetta tradizionale. La tentazione di valorizzare la frutta, giocando su spezie, come la vaniglia nella Mariposa de fruta, o con aromatiche come la polvere di cacao nel Plátano y cacao, ha avuto a volte l’effetto di far passare i frutti tropicali in secondo piano. In generale nel concorso è prevalsa una tendenza a dare più spazio alla creatività e alla tecnica, nel tentativo di iscrivere nel nostro “vocabolario del gusto” questi frutti di terre lontane, piuttosto che la spinta alla ricerca e all’approfondimento di come questi frutti vengono proposti e trasformati da millenni nei Paesi d’origine. La sintesi di questi due approcci, dal mio punto di vista, non può che esprimere al meglio le tante potenzialità di questa tipologia di ingredienti.