Come è lavorare in un luxury hotel ai tempi del covid? Risponde Nicola Di Lena, pastry chef del Mandarin Oriental, Milan

Il lavoro nel laboratorio di pasticceria di un hotel di lusso è molto più complesso e completo di quello di una pasticceria o un ristorante. Parola di Nicola Di Lena, blasonato pastry chef del Mandarin Oriental, Milan - la guida Pasticceri & Pasticcerie del Gambero Rosso 2020 lo ha nominato miglior pastry chef d’Italia - e storico collaboratore dell’executive chef Antonio Guida. «La nostra produzione abbraccia a 360 gradi le necessità delle strutture f&b dell’hotel: il ristorante fine dining Seta, il Mandarin Bar & Bistrot, la prima colazione, il room service, la banchettistica», racconta Di Lena. Sette le persone che lavorano al suo fianco per coprire tutti i servizi, compreso il pastry sous chef Marco Pinna.

Standard altissimi per la prima colazione

La prima colazione, di cui Di Lena va particolarmente fiero, è una delle più sontuose del panorama alberghiero meneghino. In tempi normali (cioè prima che la pandemia scompaginasse le carte, bloccasse i viaggi internazionali e mettesse fuorilegge i buffet self-service), ogni giorno il suo reparto sforna 6-7 tipi diversi di lievitati, tra cui croissant, pain au chocolat, girelle, veneziane. E poi una selezione di torte da credenza come Linzer, plumcake al cioccolato o al limone, cheesecake che cambiano con le stagioni. Senza dimenticare i dolci legati alle ricorrenze, come panettone, colomba, chiacchiere, frittelle o zeppole di San Giuseppe, che «da buon meridionale non manco mai di proporre», sorride Di Lena. Per gli ospiti del Mandarin Oriental, Milan c’è anche una piccola carta da cui ordinare waffles, crêpes, pancakes, French toast con crema alla vaniglia; a ulteriore testimonianza delle origini del pastry chef (mamma siciliana, papà pugliese) c’è anche la brioche con la granita di mandorla, un classico della pasticceria siciliana. La proposta di prima colazione, così ricca e variegata, è pensata per ingolosire una clientela internazionale che in un hotel di lusso si aspetta standard altissimi. «Il fatto di poter fare tutte queste cose per il breakfast mi rende felice», rivela Di Lena. Per il Mandarin Bar & Bistrot, invece, ha studiato una linea di monoporzioni ispirate ai classici della pasticceria italiana e francese, come St-Honoré, profiteroles, zuppa inglese, cheesecake, nocciola e l’immancabile tiramisù, «molto richiesto soprattutto dalla clientela internazionale», dice. Accanto alle monoporzioni ci sono anche gelati e sorbetti che ruotano in base alla stagionalità della frutta.

Al ristorante Seta, dessert studiati in sinergia con lo chef

Diverso l’approccio per la carta dei dessert del ristorante gastronomico Seta, due stelle Michelin. «Il dessert deve essere coerente con l’esperienza gastronomica complessiva - afferma Di Lena -. Valutiamo i dolci da inserire in carta in base ai menu elaborati dallo chef. Antonio Guida mi dà carta bianca. Lavoriamo insieme da 15 anni, con lui e il sous chef Federico Dell’Omarino c’è grande intesa, ci capiamo senza parlare». La cifra stilistica dei dessert firmati da Di Lena è la classicità nella modernità, con un ricorso a materie prime altamente selezionate e di stagione. «Mi piace usare prodotti freschi e italiani», afferma. Prima della pandemia, la carta dei dessert di Seta elencava cinque opzioni, oltre a un pre-dessert e alla piccola pasticceria. Ora l’offerta è limitata a due menu degustazione. Il primo comprende otto portate e si conclude con uno storico cavallo di battaglia di Di Lena, il Parfait alla liquirizia, con cristalli di foglie di tabacco Kentucky, pere alle spezie e crema al caffè. Lo scorso autunno, a chiusura del secondo percorso (di 7 portate) Di Lena ha invece optato per un dessert nato da poco: Sfoglia caramellata con nocciola, salsa alla zucca, anice stellato e sorbetto di melograno. Dunque, fino all’inizio di novembre (la nostra intervista è avvenuta poco prima dell’introduzione della zona rossa in Lombardia, ndr) erano due, oltre al predessert e alla piccola pasticceria, i dessert serviti al ristorante Seta, per il quale lo staff di Di Lena produce quotidianamente anche il pane e i grissini. La pasticceria del Mandarin Oriental, Milan dispone di un laboratorio di 60 mq e dal punto di vista organizzativo è divisa in due reparti: da una parte, chi lavora per il ristorante gastronomico, dall’altra chi si occupa di tutto il resto. Compresa una piccola produzione di 5-600 panettoni per Natale.

L'intervista a Nicola Di Lena

Quali caratteristiche deve avere il dessert del ristorante? Innanzitutto, deve essere in continuità con l’esperienza di degustazione che lo precede. Poi, deve essere ben equilibrato. Visto che il dessert arriva a fine pasto, è importante valutare il contenuto
di zucchero e grassi, la freschezza e l’acidità. In un dessert lo zucchero ci deve essere, ma va ben bilanciato con tutti gli altri ingredienti.

Che cosa significa per un pastry chef lavorare gomito a gomito con i cuochi del ristorante? Fare parte dello staff di una cucina è molto stimolante. Entri a contatto con ingredienti e tecniche che normalmente non vengono usati in un laboratorio di pasticceria.
La contaminazione con la cucina è molto importante, fa crescere e favorisce la sperimentazione. Spesso i miei colleghi cuochi mi fanno conoscere un pepe o un peperoncino nuovi, un ortaggio insolito. È bello, per me, provare a usare prodotti di norma impiegati per piatti salati, come le verdure. Sono molto curioso.

La sua pasticceria è cambiata con l’arrivo a Milano? Moltissimo. In primo luogo, al contrario de Il Pellicano, il Mandarin Oriental, Milan è aperto tutto l’anno e questo
ci consente di usare un ventaglio più ampio di prodotti e, quindi, di esprimerci al 100% in tutte le stagioni. Poi, Milano è una città cosmopolita, al centro dell’Europa.

Chi considera suoi maestri?
Il mio primo maestro è mio zio, da cui ho imparato i fondamenti della pasticceria siciliana. Durante la mia prima stagione al Pellicano ho avuto la fortuna di lavorare sotto il pastry chef francese Yvan Le Pape che mi ha insegnato tanto a livello di tecniche di lavoro, preparazione e presentazione.

Che cosa suggerisce ai giovani che vogliono fare questo mestiere? Dico loro che più esperienze fanno con maestri diversi, più potranno conoscere le varie sfaccettature della pasticceria e poi potranno elaborare un proprio stile. Molti stagisti arrivano da noi dopo aver frequentato scuole validissime e si sentono già pasticcieri finiti. A volte bisogna essere umili per poter imparare.

Flavia Fresia

Lonati

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