Il cioccolato deve raccontare una storia di territorio e, soprattutto, di gusto. Diventando protagonista idi ricette dolci e salate, purché ci sia grande attenzione alla tracciabilità del cacao. La visione di un grande della cioccolateria, il francese Stéphane Leroux

Indossare il colletto blu di MOF chocolatier - Meilleur Ouvrier de France – è un’onorificenza assegnata dalla repubblica francese a chi di cioccolato se ne intende davvero. E il talento di Stéphane Leroux non si limita alla creazione di ricette sopraffine: realizza sculture di cioccolato che sono vere e proprie opere d’arte. Lo abbiamo visto all’opera durante l’evento “Viaggio alle origini del gusto”, una master class con demo live, insieme al suo collega MOF Jonathan Mougel, dedicata a pasticceri professionisti provenienti da tutta Italia, che si è svolta nella sede dell’azienda Selmi a Pollenzo (Cn), produttore di macchine e attrezzature per la lavorazione del cioccolato, in collaborazione con Martellato, specializzata nella produzione di stampi per la pasticceria e il cioccolato. L’iniziativa è stata promossa dall’azienda Puratos, con il suo brand Belcolade di cioccolato belga, prodotto nel pieno rispetto di una lunga tradizione artigianale, e si distingue anche per la sostenibilità che garantisce lungo l’intera filiera grazie al programma Cacao Trace, un programma per l'approvvigionamento sostenibile del cacao incentrato sulla produzione di un cioccolato dal gusto migliore e, al contempo, in grado di creare valore per tutta la filiera.

Il profilo di Stéphane Leroux

Stéphane Leroux ha iniziato la professione all'età di 15 anni come apprendista pasticcere presso Monsieur Richet a Chantilly e, in seguito, viaggiando per l’Europa si è appassionato e dedicato alla produzione di cioccolato. È stato due volte campione mondiale e nel 2004 ha ricevuto il titolo di MOF Chocolatier. Tra gli altri trionfi, ha vinto il trofeo Pascal Caffet nel 2001 e ha partecipato a due coppe del mondo negli Stati Uniti: medaglia di bronzo nel 2002 e secondo posto nel 2004 con due primi premi internazionali per le sue sculture artistiche di cioccolato nelle stesse competizioni. Dal 2002 è rappresentante e mastro dimostratore di Belcolade.

Tracciabilità è la parola chiave

«È importante fare attenzione alla provenienza delle materie prime, nel mio caso il cacao, e cercare di scegliere il prodotto con la massima tracciabilità in funzione soprattutto della sostenibilità», ci ha spiegato Leroux. «Certo, le grandi richieste in termini di volume non aiutano, ma è comunque un fattore oggi discriminante che non può passare in secondo piano sia per una questione di sicurezza che di etica. Parlando invece di risultato finale, l’aroma del cacao cambia in funzione delle caratteristiche del terreno e quindi dei paesi di provenienza. Questo si traduce in differenze marcate di gusto: abbiamo il cioccolato d’Africa, d’America del Sud o Centrale, dell’Africa delle Filippine o del Vietnam. Insomma, provenienze diverse comportano differenze di gusto». Qual è il preferito del Maestro? «Io amo il cioccolato del Messico, del Costa Rica e del Brasile, che presentano delle qualità molto fruttate. Più in generale, preferisco quello che proviene da America del Sud o del Centro perché si tratta di prodotti alla fonte della cultura del cioccolato, che poi si è diffusa in altri paesi come l’Africa».

Leroux si è soffermato anche sull’evoluzione della percezione che si ha oggi della pasticceria. «Per molti, soprattutto per i più giovani, è solo zucchero colorato e “bello da vedere”, ideale per fare una foto accattivante da postare e condividere. Il gusto passa in secondo piano. Non c’è cosa più sbagliata e noi con il nostro lavoro dobbiamo preservare quell’artigianalità che porta all’eccellenza».

«Il cioccolato come un condimento»

Entrando nel vivo della sua arte, Leorux sottolinea come il cioccolato sia un prodotto che può essere associato a tutto. «Se si considera la massa di cacao all’origine troviamo un prodotto che non è né zuccherato e né salato. Certo, è un prodotto dal gusto sicuramente molto forte e che si adatta sia al dolce, naturalmente, ma anche al salato. Il suo uso in cucina, però, è soprattutto da considerare come un condimento al fine di aggiungere colore e note aromatiche».

«La pasticceria italiana ha mantenuto la sua identità»

In bilico quindi tra dolce e amaro, come arrivare ad una ricetta che presenti un cioccolato in perfetto equilibrio? Il maître chocolatier risponde sottolineando che non bisogna esagerare con ingredienti e lavorazioni. «La mia visione del cioccolato è orientata ad un prodotto semplice e non troppo complesso. È proprio nella semplicità che si può trovare davvero qualcosa di interessante. Come diceva Leonardo Da Vinci, La semplicità è la suprema sofisticazione». Questa citazione, ci ha dato l’assist per una domanda sul suo legame con la nostra pasticceria italiana. «La pasticceria italiana ha mantenuto la sua identità. Del resto, quando viaggiamo cerchiamo proprio un’esperienza autentica che permetta di assaporare l’identità di un luogo, anche attraverso il cibo, nel nostro caso i dolci, andando ad innovare ed ispirare. Ad esempio, la pasta choux che è alla base di famose preparazioni della pasticceria francese ed internazionale è di origine italiana. Si tratta di una pasta che richiede molta attenzione, un punto di partenza che tuttora possiamo rileggere e reinventare per dare vita a nuove interessanti ricette».

Leroux e Mougel posano con le loro creazioni (courtesy Elisabetta Baracchi)

Durante l’evento Leroux e Mougel hanno preparato una entremet “Moka Camerun”, una tarte “Freschezza di agrumi”, una Mini Saint Honorè vaniglia e nocciola e tartellette con streusel nocciol-grano saraceno. Insomma, il leit motiv è stato all’insegna della nocciola, più specificamente la nocciola Igp del Piemonte, protagonista con un pralinato che ne contiene il 62%, andando a valorizzarne la croccantezza e il gusto. «La nocciola Igp del Piemonte è un prodotto unico al mondo, di altissima qualità e dal sapore inconfondibile. E la territorialità è un valore insostituibile che risuona forte nelle ricette».

Lara Morandotti

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