I consigli di esperti e consulenti per affrontare la situazione in atto e farsi trovare pronti quando tutto ripartirà

L’ora più buia. L’ha citata il presidente del consiglio Giuseppe Conte, facendo riferimento all’emergenza sanitaria che il Paese sta attraversando. «Ho ripensato ad alcune vecchie letture, a Winston Churchill. Questa è la nostra “ora più buia”. Ma ce la faremo», ha scritto Conte su Instagram. Ecco, noi preferiamo aggiungere un’altra citazione, sempre “rubando” a Churchill: «Il successo non è definitivo, il fallimento non è fatale: ciò che conta è il coraggio di andare avanti». Questo è un momento che chiede grande coraggio, a tutti. Anche a chi, come tutto il mondo dei piccoli esercizi commerciali, sarebbe tentato dal fissare la serranda abbassata del proprio negozio con grande disagio. Invece no. Spiega a Dolcegiornale Sandro Castaldo, professore di management dell’Università Bocconi ed esperto di retail e distribuzione: «Se nelle situazioni di incertezza siamo in grado di assegnare delle probabilità, e stimare che si verifichino alcuni eventi, qui siamo all’indeterminatezza e non sappiamo proprio come muoverci. In questo settore, lo stop prolungato significa veder saltare il business generato da festività importanti come festa del papà e Pasqua, insomma una parte di stagione primaverile che è normalmente rilevante». Ma è inutile limitarsi a lec­care le ferite: «In situazioni del genere bisogna dare più segnali possibili di fiducia. Oltre che importante a livello centrale - dal governo e dalle istituzioni tutte - è fondamentale anche a livello micro. Come cittadini e come piccoli imprenditori dobbiamo mettere più segnali positivi possibili nel sistema. Ricreare una situazione sociale ed economica favorevole».

Trarre il meglio possibile dalle situazioni

Il primo passo è quello dei comportamenti ineccepibili: «Abbiamo visto molti negozianti non solo seguire direttive, ma addirittura anticiparle in qualche caso, chiudendo spontaneamente. Questo ha inviato un segnale di serietà del commercio, di responsabilità». Stiamo pur sempre parlando di pasticcerie e bar/pasticceria, e di gelaterie: tante piccole realtà, saldamente ancorate al contesto ambientale e locale, “di quartiere”. Si può trovare il modo di restare in comunicazione con i propri clienti. «Usiamo il momento - spiega l’esperto - per fare apprendimento sulle opportunità. Il negoziante ha per molto tempo subito il mercato, ora organizzando il servizio di consegne e imparando la comunicazione digitale può approfittare per raccontarsi, per avere una marcia in più per quando avrà riaperto. Vanno sfruttate tutte le situazioni, a livello locale, di necessità o le strade percorribili per fare della solidarietà, perché sono tutte azioni che incrementano il senso di comunità». A titolo di esempio citiamo la Pasticceria Clivati 1969 di Milano che si è inventata il servizio del “dolce sospeso” per portare delle colazioni di qualità negli ospedali in prima linea nella lotta al coronavirus. Ad Abbiategrasso, in 175 anni, la storica Pasticceria Besuschio non si era mai fermata, nemmeno in periodo di guerra. Ora, lo stop forzato. «Supereremo anche questa - dice Giacomo Besuschio - non ci fermeremo, continueremo a pubblicare sui social e a progettare nuovi prodotti per la riapertura. Mi sono attivato io stesso per le consegne porta a porta, con tutte le accortezze igienico-sanitarie del caso, e ho cercato attivamente i nostri clienti sui social perché ci dicessero di cosa avevano bisogno. Stiamo catalogando tutte le nostre ricette in un programma unico, con accesso anche ai dipendenti, così che ciascuno possa poi cercare quel che serve in maniera molto più efficiente e rapida. E, per la prima volta, proponiamo ricette semplici da fare a casa, spiegate con video e stories sui nostri canali social». Pensare “out of the box”, studiare cosa si può fare sulla comunicazione digitale, studiare i clienti, confrontarsi con altri per preparare il terreno per il dopo. «Al negozio fisico è obbligatorio associare una identità digitale, prendiamoci questo momento per sviluppare questo aspetto - dice Castaldo -. Attivare soluzioni di vendita a domicilio è bene anche perché è un cambiamento molto forte che lascerà qualcosa anche dopo, nelle abitudini di consumo della clientela. Per molti diventa una scoperta nell’emergenza e dicono: “Ok, lo farò anche dopo”». Massimo Rivoltini, presidente di Confartigianato alimentare, sottolinea: «Il saper fare del comparto alimentare-dolciario italiano è un valore assoluto e intoccabile, è un patrimonio immateriale che abbiamo solo noi. Una tradizione che non viene cancellata dal coronavirus. Noi dobbiamo avere l’accortezza di preservarlo, questo patrimonio». Certo, il piccolo artigiano vive della sua attività, non ha le possibilità di accesso al credito e i polmoni finanziari della grande azienda. «Per questo bisogna mettere in campo cure e attenzioni da “Piano Marshall”, ed è compito delle istituzioni - spiega Rivoltini -. Azzeramento degli adempimenti fiscali, messa in atto di tutti gli ammortizzatori sociali possibili, possibilità di avere liquidità di cassa a tassi bassi dopo e con procedure straordinarie per velocizzare la burocrazia. Servirà tutto questo e anche di più, mentre dal lato dei piccoli artigiani, dobbiamo continuare a tenere un legame con i clienti. Fondamentale anche tenere i rapporti con le associazioni. Adesso siamo fermi, peggio sarebbe non cogliere la ripartenza».

Le opinioni degli addetti ai lavori

A Gino Fabbri, presidente dell'Accademia Maestri Pasticceri Italiani Ampi abbiamo chiesto: quale messaggio si può trasmettere alla categoria? Anche in passato ci sono stati grandi momenti di crisi, ricordiamo Cernobyl o il momento della crisi energetica e delle domeniche a piedi, che ci sembravano gravissimi e abbiamo superato. Certo qui è diverso, ci troviamo di fronte a una malattia subdola, davanti alla quale non dobbiamo perderci d’animo. Nei confronti dei dipendenti possiamo far prendere le ferie, i permessi o agire utilizzando gli ammortizzatori sociali come la cassa integrazione in deroga, tutti strumenti su cui le associazioni di categoria sindacale come Ascom o Confesercenti o i dottori commercialisti stessi sono in grado di dare informazioni. E anche le Regioni sono attrezzate con appositi sportelli e possono erogare le informazioni.

Come regolarsi con la produzione? In questo frangente la consegna a domicilio può essere una buona opportunità: è vero che la pasticceria non è fra i consumi essenziali, ma può rappresentare un momento di coccola e gratificazione, di cui credo abbiamo bisogno. Certo, il momento psicologico non è dei migliori per affrontare le ricorrenze come Pasqua, che non sarà all’altezza degli anni passati.

Oggi il pasticcere, pur non volendo, ha del tempo a disposizione. Meglio non sprecarlo e metterlo a frutto per tempi migliori. Assolutamente sì. Io stesso sto mettendo in campo dei test di produzione e delle novità su cui sto lavorando, così appena ci saranno le condizioni per ripartire nel modo giusto saremo pronti con prodotti nuovi. A tutti i colleghi dico: non siate passivi, ma attivi e tenaci. Sarà il giusto modo per reagire. (Marina Bellati)

 

A Federico Anzellotti, Presidente Conpait, abbiamo chiesto: quali strategie commerciali ritiene utile adottare? Il momento è particolarmente critico, soprattutto perché non siamo in grado di fare una programmazione del futuro. Una soluzione che suggeriamo è lavorare con le consegne a domicilio; se non siamo già strutturati per il delivery possiamo stringere un contratto con le società specializzate, non solo per garantire un servizio alla clientela, ma anche per garantire la continuità del lavoro e gli stipendi ai nostri dipendenti. Io ho fatto così nella mia azienda in Abruzzo per contenere le perdite.

Parliamo proprio dei dipendenti, come comportarsi? In primo luogo suggerisco di fare una riunione con loro, parlando in modo schietto della situazione. E questo non tanto perché le persone non siano informate di quanto sta accadendo, ma per essere trasparenti con i propri collaboratori e per farli sentire parte di una squadra; io personalmente li ho invitati a prendere le ferie, con l’accordo che non appena sarà possibile ripartire a pieno regime saremo tutti qui e ci sarà magari da fare qualche ora in più, ma ben venga quel momento!

Se il lavoro è in stallo, cresce il tempo a disposizione del professionista. Come farne buon uso? Può essere un ottimo momento per dedicarsi alla formazione del personale ed eventualmente affrontare quei lavori di organizzazione interna che spesso si rimandano, per mancanza di tempo. Senza dimenticare che si può affrontare la sperimentazione di ricette nuove, per farci trovare pronti nel momento in cui l’emergenza sarà finalmente alle spalle. (Marina Bellati)

(illustrazione di Mattia Distaso)

Ernesto Brambilla

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