I casi di BarConi, gelateria gestita da un gruppo di migranti, e di Frolla, biscottificio che vede operative persone con disabilità: dalla gestione di team “difficili” possono nascere buone pratiche

Non si sono mai visti undici attaccanti o undici portieri vincere un campionato. La forza della squadra è mettere insieme persone con capacità, attitudini, approcci differenti. In modo che ognuno porti la sua peculiarità e la metta al servizio dei compagni. Succede anche nei laboratori di pasticcerie e gelaterie. In alcuni più che in altri: come BarConi, gelateria di Palermo gestita da migranti, o Frolla, biscottificio marchigiano che impiega ragazzi con disabilità.

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Alcuni dei ragazzi che lavorano al progetto BarConi, a Palermo

BarConi, l'impresa sociale punta su coni e coppette

Nata tre anni fa nel quartiere di Ballarò, BarConi fa parte di un progetto più ampio chiamato Moltivolti. Un'impresa sociale volta all'integrazione, che comprende un ristorante, un coworking, una guest house, programmi interculturali e attività con le scuole. Ci lavorano una trentina di persone, da tutto il mondo. «Molti, soprattutto i ragazzi, sono arrivati attraverso il Mediterraneo, sono dei sopravvissuti», racconta Roberta Lo Bianco, una delle fondatrici. Come Malick, ventiquattrenne del Gambia, che ora è il manager della gelateria. «Si vergognava a dire di essere arrivato in Italia con un barcone. Ma insieme abbiamo scelto proprio questa parola per dare il nome all'attività, in modo da trasformarla a livello semantico e darle speranza», dice Lo Bianco.

Lavoro e cultura cambiano insieme

Insieme a Malick lavorano Christine, 24 anni e tre bimbi, e Leslie, 21 anni, entrambe della Costa d'Avorio. «A seconda della stagione sono impiegati da BarConi o da Moltivolti. Il nostro personale arriva da background diversi, per cui facciamo un grande lavoro di comprensione reciproca: i concetti occidentali legati al lavoro non sono paradigmi uguali per tutti», racconta la fondatrice di Moltivolti. A seconda delle culture, si leggono e si intendono in modo diverso il tono della voce, la vicinanza fisica, la formalità e l'informalità. «Molti hanno un modello educativo diverso. Per alcuni guardarsi negli occhi è un segno di rispetto, per altri l'esatto contrario. Questo può portare a grandi incomprensioni, se non si fa lo sforzo di conoscere», spiega Lo Bianco. L'approccio del progetto è infatti «l'integrazione bidirezionale, in cui tutti devono fare sforzi per entrare in contatto con l'altro. È tenendo insieme l'identità di tutti che le squadre funzionano. Anzi, a volte le differenze sono pure utili: per esempio avendo festività religiose diverse è più facile organizzare le ferie».

In progetto un lab per la produzione propria

BarConi, che a primavera inaugura la sua terza stagione, si trova a Ballarò, quartiere multiculturale di Palermo. «Non c'era una gelateria in zona e quindi abbiamo pensato di aprirla noi, per partecipare alla rigenerazione della zona e per dare ai nostri ragazzi un'occasione di nuovi percorsi professionali», racconta Roberta Lo Bianco. Al momento il gelato non viene prodotto internamente, ma questo è uno dei prossimi obiettivi. «Vendiamo il gelato di Cappadonia, che ha creato dei gusti ad hoc per noi. Come il Moltivolti: è a base di burro d'arachidi, come omaggio al maffè senegalese (uno stufato di arachidi, ndr)».

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I pack dei biscotti di Frolla, biscottificio anconetano

Frolla, biscotti buoni contro il pietismo

A poco più di mille chilometri da Ballarò, a Osimo (provincia di Ancona) un'altra squadra ha saputo sfruttare diversità e difficoltà. È quella di Frolla, microbiscottifico con bar che impiega persone con disabilità. «Il primo ingrediente per noi è la condivisione: abbiamo a che fare con persone diverse per competenze, interessi ed età e ognuna ha portato qualcosa», spiega Jacopo Corona, uno dei fondatori e oggi presidente della cooperativa. «Il secondo è la qualità: vogliamo che i clienti ci scelgano perché i prodotti sono buoni. È il solo modo per sconfiggere il pietismo».

Contatto con i clienti: così l'inclusione si fa vera

Il laboratorio di Frolla ha aperto nel 2018. La scelta di puntare sui biscotti è legata alla volontà di fare un prodotto accessibile, che i ragazzi potessero preparare con facilità. «Abbiamo iniziato facendo solo produzione perché pensavamo di avere bisogno di un ambiente protetto per i nostri lavoratori», ricorda Corona. «Ci sbagliavamo: quando l'anno dopo abbiamo aperto anche il bar abbiamo capito l'importanza del contatto per i ragazzi. È stata la soddisfazione più bella: la vera inclusione avviene quando i clienti li cominciano a chiamare per nome». Alla somministrazione lavorano solo ragazzi con disabilità, mentre in laboratorio sono presenti anche lavoratori senza disabilità che si occupano delle fasi di cottura.

«Tantissime le richieste: in pochi fanno questo lavoro»

«In totale impieghiamo trenta persone, di cui ventuno con disabilità di vario tipo: con autismo, con sindrome di Down, con ritardi cognitivi, in carrozzina... Abbiamo anche una stampante alimentare 3D per aiutare chi ha difficoltà fisiche a lavorare», dice Corona. In laboratorio (che serve il bar, il food truck per gli eventi e l'e-shop) i ragazzi si occupano della fase di realizzazione dei biscotti e poi del confezionamento. «Abbiamo una convenzione con l'istituto alberghiero di Loreto e la maggior parte dei dipendenti arriva da lì. Ma abbiamo sempre tantissime richieste, perché ci sono poche strutture che fanno questo lavoro».

I gruppi di lavoro nascono spontaneamente

L'idea di Frolla, che ha anche una squadra di calcio (il Frolla Football Team), è di guardare alla disabilità e alle difficoltà non come un ostacolo, ma un valore aggiunto. «Uno dei nostri lavoratori, che è in sedia a rotelle dopo un incidente, dice che qui in tre fanno una persona. Nel senso che ognuno mette a disposizione le sue capacità in modo da completarsi. Infatti si creano spontaneamente dei gruppetti di lavoro, creasi tra persone che funzionano e diventano anche produttive», spiega Jacopo Corona. Ai biscotti con il tempo si sono aggiunti anche panettoni, colombe, cioccolatini. «Abbiamo fatto corsi di formazione invitando pasticcieri esterni che si sono messi in gioco», dice. A volte di fronte ai modalità di lavoro inusuali gli ospiti sono rimasti straniti. «Ma noi abbiamo adattato la produttività alle persone». E funziona.

Federica Maccotta

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