Aperta a Milano dallo scorso luglio, la gelateria Crema ha puntato su 50 gusti in carta, 15 variazioni sul cioccolato. E un delivery che punta a ricreare l’esperienza nel pdf

Si chiama Crema, ma non perché quello sia l’unico gusto proposto: tutto il contrario. Sono una cinquantina gli “stili di gelato” nel grande banco vetrina della gelateria di via Giovanni da Procida - zona Citylife/Fiera - a Milano. Una nuova apertura (ne avevamo parlato anche qui) che ha colpito per più di un motivo. Innanzitutto perché nasce su iniziativa di un imprenditore, Giorgio Bulgari, erede della famiglia che fondò il brand di lusso (poi ceduto a LVMH nel 2012), che ha voluto «riappropriarsi di una eccellenza gastronomica tutta italiana». Il gelato, appunto, con l’intento di portare il format all’estero dopo l’apertura, l’anno prossimo, di un secondo punto vendita a Milano. Poi perché i gusti sono tanti, in controtendenza rispetto a molte scelte più minimal di gelaterie cittadine che puntano ai classici e a pochi gusti particolari. E sono tutti senza lattosio, salvo i gusti al formaggio. Limone di Amalfi, fragola e basilico, castagna e rhum, sorbetti di pistacchio e di nocciola, variazioni sul tema cioccolato (una quindicina). La crema, lo zabaione, il caffè e il gelato alla ricotta, al the verde, al gorgonzola.

Claudio Torcè alle ricette

Sono creazioni di Claudio Torcè, pluripremiato artigiano romano del gelato. Niente coloranti, conservanti o semilavorati: si fa tutto in casa, nel laboratorio attiguo al punto vendita. Il quale è arredato con richiami anni ‘20-’30: un vestito particolare, che mixa legno e divise retrò, packaging studiato con la consulenza di una antica tipografia milanese, a metà tra storia e modernità. L’ispirazione è tratta da illustrazioni anni ’20 di Fortunato Depero e Leonetto Cappiello, ma i materiali sono ancorati alle esigenze di oggi: tutto plastic free e compostabile. Il locale è di circa 70 mq, conta 6 tavolini e pochi sgabelli. I gelati sono serviti - in stagione - in coni gluten free o coppette amiche dell’ambiente. Vaschette da 500 g, 750 g e 1 kg per l’asporto. Il logo della gelateria Crema contiene una coppa, non un cono, perché c’è la volontà di richiamare l’idea del servizio, della consumazione di gelato come evento/esperienza, in una boutique elegante. E di omaggiare un’icona del food italiano. «Siamo felici di aver intrapreso questa nuova avventura in un momento così delicato per l’economia e la ristorazione in particolare», ha spiegato l’imprenditore. «Siamo attivi con un servizio di delivery gestito internamente - spiega Fernando Papa, che dirige il primo punto vendita di Crema - e stiamo studiando una proposta di gusti stagionali, variazioni sul tema dei nostri gusti di alta qualità. Per la raccolta degli ordini ci siamo attivati così: dai nostri canali social si può richiedere di essere contattati e, con Whatsapp business, diamo il benvenuto e giriamo le nostre proposte. In genere facciamo consegne nell’arco di 5-7 km».

L’intervista a Fernando Papa

Che esperienze professionali hai vissuto prima di Crema? Ho lavorato nei bistrot di Claudio Sadler, da Andrea Berton e da Heston Blumenthal a Londra. Sono poi stato il direttore, a Milano, della Pâtisserie des Reves di Philippe Conticini (ora chiusa, ndr).

Come è organizzato il lavoro in laboratorio? In laboratorio ci sono due persone, più l’apporto di Claudio Torcè che sta supervisionando tutto il nostro lavoro. Anche se dovessimo triplicare le quantità, il laboratorio adiacente alla gelateria è sufficiente. In caso di nuove aperture, ogni pdv avrà un suo laboratorio e sarà replicato questo schema. Al servizio siamo cinque. Ora, con la chiusura, c’è una persona in meno e ne abbiamo spostato una alle consegne.

Puntate su servizio eccellente, ambiente e qualità: come si trasmette tutto ciò con le consegne? Non è semplice. Le nostre confezioni sono studiate, diamo le cialde in omaggio e alleghiamo materiali di comunicazione che raccontano cosa è Crema e cosa conferisce qualità al nostro gelato. L’attenzione ai particolari è il segreto.

Ernesto Brambilla

Alberto Blasetti

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