Si registra una crescita a due cifre per le vendite online. Nella nostra inchiesta, gli errori da evitare e i consigli degli esperti per cavalcare il business

In Italia mancano cultura e competenze sul digitale per sfruttare le tecnologie a favore del business. Lo sappiamo, lo confermano i numeri: rispetto al resto d’Europa siamo indietro. L’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano ha calcolato un indice di maturità digitale delle PMI a livello nazionale: 0,289, più basso della media UE (0,397) e di quelli di Germania, Francia e Spagna. Per recuperare, tra gli investimenti che garantiscono i benefici maggiori, c’è la digitalizzazione delle relazioni con i clienti, con implementazione di canali di vendita, marketing e di comunicazione digitale (quali e-commerce, CRM, sito web e online adv). L’e-commerce è un passo obbligato nell’era del digitale, la quale - non dimentichiamolo - vede una quota sempre maggiore di tempo dei consumatori speso online. È lì che nascono opportunità, ed è un fenomeno partito prima della pandemia. Poi, complici le chiusure per il coronavirus, gli acquisti sulle piattaforme online sono esplosi. Sempre secondo l’Osservatorio del Politecnico, il numero di PMI che fanno e-commerce sono cresciute del 50% tra pre e post Covid. Secondo i dati di Netcomm Forum in collaborazione con Tuttofood, in Italia i volumi di transazioni online negli ultimi 12 mesi sono cresciuti del 15,4%, il 7% solo nel primo lockdown, con la richiesta di prodotto aumentata del 10%.

L'e-commerce è una strategia da maneggiare con cura

Nel 25% dei casi sono sorti problemi nella logistica, con carenza di prodotti disponibili e impossibilità a recapitare la merce. Come tutte le strategie di sviluppo di un’azienda, piccola o grande che sia, l’e-commerce va maneggiato con cura. Vale anche per gli imprenditori artigiani della pasticceria. Forse il suggerimento migliore viene dall’esperienza dei titolari di Infermentum, laboratorio artigianale in provincia di Verona fresco di implementazione di un portale di e-commerce: «Non basta spendere tanti soldi per un bel sito, deve essere connesso con l’attività del laboratorio». Spiega Giorgia Sali, direttrice dell’Osservatorio Innovazione Digitale nelle PMI del Politecnico di Milano: «In Italia erano il 10% le PMI che avevano il proprio e-commerce, contro la media europea del 18%. Sotto la soglia delle PMI, quindi nella fascia delle microimprese, i numeri sono ancora più contenuti, con imprese molto poco strutturate e con sviluppo digitale a livello zero. La pandemia ha accelerato i tempi di crescita dell’e-commerce, ma tanti imprenditori non hanno avuto il tempo di implementare strutture e portali proprietari, quindi si sono per lo più avvalsi di piattaforme terze». Magari a dimensione locale, oppure portali di “e-commerce dolci” che servono il territorio nazionale.

Piattaforme di terzi o e-commerce di proprietà: pro e contro

Qui spunta il primo dilemma: meglio così, o meglio aprire l’e-commerce di proprietà? Sono due mondi separati. «Con l’approdo su piattaforme terze si incontrano consumatori nuovi, il che consente all’imprenditore di allargare la base di clientela. E non sono richiesti investimenti per creare l’infrastruttura propria». Per contro, le piattaforme terze danno visibilità al prodotto, ma quel prodotto diventa uno fra i tanti disponibili. Attenzione poi alla fee richiesta e alla proprietà dei dati: spiega Sali che «chi ha comprato, dove, quando e con quale ricorsività sono dati utilissimi, che servono a fare poi politiche di up-selling e cross-selling, ma in questo caso i dati sono del “terzo”, non del pasticcere». Diversa la strada dell’e-commerce di proprietà. Parla al cliente che ci conosce, che frequenta il locale o che conosce il brand e la qualità dei nostri prodotti. «Prima di tutto consideriamo l’investimento in infrastrutture tecnologiche: non solo sito e server, ma anche informazioni organizzate in database. Anagrafica clienti e listino prezzi digitalizzate, magazzino sincronizzato con l’interfaccia utente. Questa deve essere da un lato semplice e lineare, per non creare disaffezione complicando la vita al consumatore; dall’altro molto accattivante, perché il cliente non sente i profumi e non assaggia. Grafiche, design, user experience devono essere impostati con questo in mente, e oggi la tecnologia permette soluzioni efficaci».

Serve un e-commerce fruibile via smartphone

Il cliente oggi è spessissimo collegato dal cellulare: non immaginiamo un consumatore inchiodato alla scrivania mentre sceglie il panettone artigianale per questo Natale sul pc. In valore assoluto, l’e-commerce consumer operato da smartphone sfiora i 15,7 miliardi di euro di giro d’affari, con un incremento del 22% rispetto al 2019. Il 51% degli acquisti e-commerce B2C è ormai realizzato attraverso questo dispositivo (fonte: Osservatorio eCommerce B2c). Un sito non adatto alla fruizione via smartphone commette un errore potenzialmente enorme. Attenzione poi a intuitività e scelte estetiche. Qualche esempio: se il cliente clicca su una piccola foto di prodotto si aspetta di vederla meglio, ingrandita. Non di collocare il prodotto nel carrello. Anche i colori contano: se la pasticceria ha fatto una scelta di ecosostenibilità per packaging e ingredienti, un portale rosso fuoco mal si sposa con quella immagine. Il prezzo deve sempre essere chiaro, ma non sarà ostentato se il focus è su prodotti di nicchia di altissima qualità. Diversamente, se si punta a quantità e prezzi concorrenziali, l’e-commerce deve trasmetterlo. Un errore da evitare è pensare di sostituire l’esperienza fisica con l’esperienza online. Può essere una soluzione temporanea, è di certo un canale di vendita irrinunciabile, ma «non bisogna immaginare di diventare “e-commerce only” per forza. La strategia va disegnata per far convivere il canale digitale con quello fisico».

Un aspetto chiave: la selezione dell'offerta

«Un altro aspetto chiave - spiega ancora Giorgia Sali dell’Osservatorio - è la selezione dell’offerta. Rendo disponibile sull’e-commerce solo quello che posso spedire senza intaccare la qualità, o comunque tenendo prendete i costi e la complessità nella preparazione degli ordini, in caso si organizzino consegne di prodotti freschi. Quando il prodotto arriva a casa del cliente, è buona cosa che nelle confezioni si trovi la stessa voce che si sentirebbe alla cassa, lo stesso consiglio su come conservare o con quale abbinamento consumare il prodotto. Informazioni aggiuntive che coccolano il cliente, anche con un semplice ed elegante volantino nella confezione». L’artigiano più bravo non ha per forza tutte le competenze per aprire il suo negozio online. Realtà medie e strutturate spesso hanno al loro interno figure professionali dedicate al mondo IT e al marketing, e quindi questa figura può dialogare con l’esterno che fornisce il servizio e realizza il portale di e-commerce. Nelle realtà più piccole invece è importante che a farlo sia chi ha la visione complessiva dell’azienda. «Quanto alla scelta del consulente esterno, meglio scegliere un’agenzia capace di gestire in modo univoco tutti i processi gestionali, di strategia, di logistica e di infrastruttura - consiglia l’esperta -. Può essere complessa, questa ricerca. Non dimentichiamo che esistono una serie di servizi messi a disposizione dalle Camere di commercio oppure dalle associazioni di categoria. Fare riferimento a questi enti territoriali è sempre utile per avere un primo suggerimento»

Illustrazione: Mattia Distaso

 

 

 

 

Ernesto Brambilla

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