Polsonetti in rame accanto a forni rotanti e confezionatrici automatiche. Così Scutellà sta al passo con i tempi
REGGIO CALABRIA. «Siamo pasticcieri da 3 generazioni, la nostra prima licenza è del 1927, mio nonno ha iniziato a infornare biscotti e pasticcini alle mandorle in un forno in pietra». Così Rocco Scutellà, che racconta con orgoglio la sua impresa di famiglia, un laboratorio artigianale e un prodotto di punta: il croccante di pura mandorla. Poi ci sono i torroni e torroncini, la parte di lievitati e quella di pasticceria moderna, ma sono corollari di un teorema che si ripete ciclicamente anno dopo anno: “il tempo con dolcezza”, che è il payoff di questa antica pasticceria di Delianuova, in provincia di Reggio Calabria. Il tempo e l’amore sono la chiave di tutto, dice Scutellà. Perché certe lavorazioni vanno fatte al momento giusto, seguono le stagioni e i raccolti e hanno bisogno di tutta la pazienza necessaria per una lavorazione che punti alla perfezione. «Poi c’è la cura dei dettagli, l’igiene, l’organizzazione, il personale, l’accoglienza. La qualità e l’eccellenza devono essere a 360°». D’altra parte il croccante di pura mandorla è costituito di soli tre ingredienti - mandorle, zucchero e miele - e non possono non essere eccellenti.
Mandorle, miele e zucchero da scegliere con mano esperta
Comincia tutto dalle mandorle, con l’obiettivo di «acquistare il meglio che la natura ci offre in quel determinato periodo e in quel territorio». Seguendo la tradizione di famiglia, Scutellà va personalmente nelle piantagioni più volte l’anno, fin dalla fioritura. «Io andavo già da bambino ad Avola con mio padre, e ancora oggi vado personalmente in Sicilia per la prima fioritura già a febbraio e verso maggio/giugno in Puglia, dalle parti di Toritto». A seconda delle annate si prendono più mandorle da una parte o dall’altra. Dai primi di agosto a metà settembre avviene la raccolta delle mandorle e grazie alla fiducia instaurata negli anni con i produttori, Scutellà può contare, dice su «una pelatura perfetta, con dell’acqua pulita e un’asciugatura uniforme, per un calibro di 35/36». Ma perfezionismo non basta mai, visto che in laboratorio tutte le mandorle che arrivano vengono poi setacciate manualmente per eliminare qualsiasi impurità. Solo le mandorle perfette possono essere lavorate nel croccante di pura mandorla, quelle meno belle finiscono tritate in altre lavorazioni.
E ancora il miele, che arriva dalla piana di Gioia Tauro, dove ci sono per lo più aranceti. «Qui facciamo riferimento a un apicoltore locale che ci dà un miele d’arancio e fiori di zagara dalla profumazione incredibile». E infine lo zucchero, “quello per il croccante - dice Scutellà - cominciamo a sceglierlo subito dopo Pasqua. Alcuni diventano troppo scuri quando si sale con la temperatura, che arriva a 165°C; ce ne serve uno che restituisca un caramello medio, né biondo né scuro. Quando trovo l’optimum, compro un lotto che mi permetta di coprire tutta la produzione annuale».
Un forno per l'asciugatura delle mandorle, progettato ad hoc
Anni di esperienza hanno portato a un processo per la lavorazione della mandorla e del croccante del tutto personale e in buona parte manuale. Una volta selezionate, le mandorle vengono fatte asciugare in un apposito forno progettato dallo stesso pasticcere per la tostatura. «Tostatura in verità è un termine improprio, perché di norma è un processo che viene fatto a una temperatura dai 125 a 145°C e per un tempo dai 12 ai 20 minuti. La nostra è un po’ più lenta, a 60°C per tre giorni, in modo da privare la mandorla di tutta l’umidità in eccesso e ottenere un’asciugatura perfetta», spiega Scutellà. La motivazione è anche di stoccaggio: nel primo caso, l’umidità residua farebbe perdere la croccantezza alla mandorla nel giro di 15 giorni, al massimo un mese, in questo modo i tempi si allungano e riescono a coprire tutto il tempo della produzione, che inizia normalmente a fine settembre, per esser pronti per il periodo natalizio, momento clou per le vendite.
Polsonetti in rame battuto a mano per la produzione
E qui veniamo alla produzione vera e propria, che avviene con antichi polsonetti che il papà di Rocco si è fatto realizzare anni fa da un artigiano del rame di Pescia, in Toscana. «Ne abbiamo ancora in scorta qualche dozzina, un vero e proprio patrimonio. Lo ricordo quando ci andavo da bambino e lo vedevo battere il rame a mano. Era un artigiano di almeno 80 anni e la sua maestria mi affascinava». La torroniera c’è, ma nella pasticceria Scutellà si usa solo per torroni e torroncini più moderni. L’unica innovazione che, nonostante le proteste del padre, il pasticciere calabrese si è concesso è stata la macchina per incartare croccanti e torroni. Ne ha due, che hanno consentito di aumentare la produzione. «Prima facevamo anche questo a mano, ma era un limite produttivo importante. Adesso abbiamo due macchine: una incarta pezzature tradizionali da 11x2,5 cm, l’altra è per le mignon da 25 g, che si sono imposte perché più eleganti da offrire».
Lievitati da colazione, colombe e panettoni
Sempre rimanendo in tema di dolci delle feste, alla produzione dei torroni, da una decina d’anni si è affiancata la parte dei lievitati di Natale e Pasqua. «Abbiamo un lievito naturale che ha più di 100 anni e che curo personalmente da 15 anni. Per me è come un’atleta, che si deve allenare seriamente tutti i giorni, così può ottenere risultati eccellenti quando serve», racconta Scutellà. La linea dei lievitati da colazione, fra i quali spicca il la sua versione di maritozzo, consente questo allenamento quotidiano al lievito madre, che poi fa il suo super lavoro nei periodi pre-festivi. Materie prime eccellenti e lavorazione artigianale, con una dedica alla sua terra, perché se a Natale si fa il Panbergamotto, a Pasqua vola la Calabrisella, sempre caratterizzata dagli aromi di agrumi di Calabria. «Ho sostituito una parte del burro con olio al bergamotto per profumare l’impasto. È stato un lungo lavoro di ricerca per ottenere una profumazione fresca ed equilibrata. Poi ci sono i canditi naturali fatti da noi. E alla fine è un prodotto che vendiamo più a Milano che sul territorio».
L'intervista a Rocco Scutellà
Il croccante di pura mandorla è un affare di famiglia.
Vero. Ha iniziato mio nonno novant’anni fa, poi l’attività è stata ampliata da mio padre, che è stato sia a Messina che in Canada per 5 anni. Tornato ha ripreso l’attività di famiglia. Io ero il suo erede, ma prima di entrare nel laboratorio di famiglia mio padre a 18 anni mi ha mandato in un laboratorio a Messina per fare la vera e propria gavetta. È quella gavetta che mi ha fatto scoccare la scintilla e innamorare nel nostro lavoro.
Ci ha accennato a un ingrediente speciale...
Sono due ingredienti fondamentali: l’amore e la passione. Fanno la differenza nelle ricette, anche se non sono scritti nelle ricette. L’amore può essere qualcosa di passeggero, ma se c’è veramente alimenta la passione e la passione alimenta l’amore. Due preparazioni identiche possono essere fatte da due persone, uno ci mette amore e l’altro solo il tempo: i risultati saranno diversi.
Ma cosa è cambiato negli anni?
Soprattutto la clientela di riferimento. Siamo in un paesino di montagna di 2.600 abitanti e abbiamo lavorato in questi anni per aprirci al mondo esterno. Sono dieci anni che abbiamo lo shop online e in questo senso il Covid non ci ha presi alla sprovvista, anche se il numero degli ordini è esploso. Due anni fa abbiamo chiuso l’8 dicembre per eccesso di ordini, quest’anno il 15 dicembre.
Si potrebbe realizzare un piccolo museo?
È un mio desiderio, dal polsonetto di rame che utilizzava mio padre alle attrezzature di mio nonno. Aveva anche una macchina che pelava la mandorla. Anticamente veniva fornita con la buccia, lui utilizzava l’acqua calda per pelare la mandorla e poi c’era un soffiatore che portava via le bucce. Una macchina rudimentale, che non puliva al 100%, quando si producevano pochi chili si poteva anche fare. A.T.