La finale italiana del concorso World Chocolate Masters ha lanciato una sfida a sette maestri del cioccolato: ideare dolci da asporto con soli ingredienti vegetali e con tecniche innovative
POLLENZO. Servivano sforzo creativo, visione, grande maestria e capacità di sfruttare le tecniche più sofisticate, oltre a una dose di attenzione alla praticità e alla gestione, per diventare il Chocolate Master italiano. Ci è riuscita Anna Gerasi, pasticciera di Brescia che rappresenterà l’Italia nella finale internazionale dei World Chocolate Masters in ottobre a Parigi, ma tutti i finalisti italiani hanno dato prova di grande determinazione. I sette professionisti, che si sono sfidati lo scorso febbraio a Pollenzo nella finalissima italiana organizzata da Cacao Barry, non hanno solo dovuto agire come pasticceri, ma hanno dovuto anche pensare come designer. Creare monoporzioni, cioccolatini e snack al cioccolato che potessero unire gusto e funzionalità e che fossero in linea con il tema “tomorrow”, un piccolo viaggio nel futuro della pasticceria e della nutrizione all’insegna della sostenibilità ambientale e del riuso degli scarti.
Oltre a pièce e monoporzione, una prova dedicata allo snack
Dopo le prime prove dedicate alla scultura in cioccolato e all’ideazione di una monoporzione, a far scatenare la fantasia dei pasty chef è stata la prova #Snack, della quale vi presentiamo i risultati. Valevole per il 22% della valutazione finale, la prova consisteva nella realizzazione di uno snack al cioccolato interamente vegano e a base di cioccolato puro. Doveva essere salutare, equilibrato dal punto di vista nutrizionale, ma al tempo stesso spiccare per il proprio gusto. Il dessert andava immaginato per questo ambiente di distribuzione: un ristorante mobile, urbano, con un’offerta attenta al tema del salutismo e con servizio rapido. Insomma, uno snack da passeggio, da preparare con grande efficienza nei tempi e nelle procedure, magari da guarnire al momento, ma da consumarsi altrove, fuori dal locale. Il regolamento prevedeva questi punti fermi: assolutamente non consentiti altri ingredienti al di fuori delle materie prime di origine vegetale (lo snack doveva essere 100% vegano); clean label, dunque limitare al minimo l’uso di additivi o coloranti; cioccolato come ingrediente predominante; servizio in porzione singola; attenzione massima al design. La giuria ha proceduto all’esame e alla valutazione dello snack prendendo in considerazione la ricetta, ma anche monitorando la fase di preparazione e il lavoro dei pasticceri direttamente alle loro postazioni. I finalisti hanno prodotto i loro snack sotto gli sguardi attenti di Loretta Fanella, pastry chef di fama nominata presidente di giuria; di Davide Comaschi, World Chocolate Master 2013; di Enric Rovira Montesinos, grande esperto di cioccolato e produttore di pezzi di design in cioccolato; di Vittorio Santoro, fondatore e direttore di Cast Alimenti; di Maurizio Allodi e Luciano Varetto della scuola di formazione cioccolatiera Selmi Training Center. Alcuni pezzi hanno spiccato per qualità e variabilità delle tecniche utilizzate, ma quelli più apprezzati hanno interpretato al meglio la caratteristica della “portabilità” del dolce, essenziale visto che parliamo di uno snack per consumo on the go. Chi è andato oltre la proposta di un semplice astuccio, utilizzando tecniche innovative per creare il contenitore (e intanto riuscendo a stupire con il contenuto) ha raccolto i favori della giuria.
Innovazione per un prodotto on the go
La prova #Snack è stata quella più rappresentativa della volontà del concorso di dare spazio all’innovazione pur tenendola saldamente ancorata a un approccio concreto e imprenditoriale. Nel chiedere ai finalisti di dare una loro interpretazione del futuro della pasticceria di alto livello, gli organizzatori hanno sottolineato l’attenzione alle tendenze care alle nuove generazioni: sostenibilità e salubrità nelle scelte alimentari, diminuzione dell’apporto calorico e del carico zuccherino nei dolci, riuso e riciclo. I pezzi di design, i dessert monopozione e le praline dovevano riflettere il tempo presente, con tutte le preoccupazioni legate al futuro del pianeta e alla tenuta dell’ambiente, ma anche contenere una sorta di spunto di ottimismo verso il futuro. I concorrenti in gara si sono mossi lungo alcune linee guida che includevano la biomimesi (la replica di concept di design che già si trovano in natura), il minimalismo, con la ricerca di forme semplici e pulite per non distogliere l’attenzione dal cibo, e l’effetto wow, ossia la già citata attenzione per l’estetica come primo aspetto per scatenare l’interesse del consumatore. Un allenamento alla creatività che la nostra portacolori dovrà affinare a dovere prima della finale, quando si scontrerà con gli altri 20 talenti in corsa provenienti dalle selezioni nazionali.