La pausa pranzo è una occasione di consumo interessante anche per la pasticceria. Da molti è già stata rimodulata pensando alla riapertura, altri lo faranno. Ecco come

La pandemia di Covid-19 ha messo in stallo attività pazientemente costruite in anni di lavoro, mandato all’aria progetti e ridefinito priorità. Prendiamo l’offerta per l’ora di pranzo in pasticceria, argomento su cui stavamo preparando un’inchiesta prima delle ripetute chiusure. All’epoca, le pasticcerie italiane stavano sempre più attrezzandosi per attirare clienti a mezzogiorno e i nuovi locali nascevano già con un’offerta pensata per questo segmento. Perché? Innanzitutto, per lavorare con continuità lungo tutto l’arco della giornata. Poi, per intercettare il mercato della pausa pranzo, che nei bar era uno dei più redditizi.

Offerta coerente e di qualità

«A Roma la tendenza oggi è quella di lavorare a tutto tondo da mattina a sera, per la prima colazione, il pranzo e l’aperitivo», raccontava a febbraio scorso Marta Boccanera, contitolare e fondatrice della pasticceria Gruè di Roma (di questa pasticceria abbiamo parlato anche qui), che fin dall’apertura dispone di una cucina separata dal laboratorio di pasticceria. Lo stesso valeva per la Bottega di Pasticceria, insegna con due punti vendita a Firenze dello chef Simone Bartolini, che ha un’esperienza di ristorante stellato alle spalle: «I nostri locali sono nati con un’offerta di cucina espressa per il pranzo, con servizio al tavolo e un menu giornaliero di piatti elaborati». «Sono un pasticcere, ma anche un imprenditore con oltre 40 dipendenti, quindi devo trovare un punto di incontro tra pasticceria e redditività dell’attività imprenditoriale - affermava Sebastiano Caridi, maestro Ampi», spiegando perché fin dall’inizio ha cominciato a sviluppare un’offerta per il pranzo nel locale che porta il suo nome a Faenza e, in seguito, anche negli altri due locali aperti a Bologna. «Non mi sento un cuoco, per questo ho voluto pensare a un concetto di pranzo veloce incentrato su piatti da pasticceria salata, che dessero soddisfazione a me e ai miei clienti. Non vogliamo essere una mensa da abbuffata, ma offrire un pranzo di qualità». Dunque, in un mercato molto affollato e competitivo, distinguersi era la strada maestra. Nei menu dei locali di Caridi (di cui abbiamo parlato anche qui) trovavamo insalate, creme e vellutate di verdure di stagione con crostoni di pane fatto in casa, carni e pesce cotti a bassa temperatura o marinati, oltre a una linea bakery che comprende pizza in teglia, focacce a lunga lievitazione, pizza alla pala ad alta idratazione. Altre pasticcerie avevano deciso di esplorare il mercato del pranzo strada facendo, cominciando magari con qualche brioche salata o focaccia farcita, un’insalata e un piatto freddo per passare poi a primi e secondi caldi. Quel che emergeva dalla nostra inchiesta, e che vale tuttora, è che il pranzo deve essere coerente con il resto dell’offerta del locale, per non rischiare di confondere la propria identità e, magari, compromettere la propria reputazione. «Non si può fare alta pasticceria e offrire un pranzo non all’altezza» affermava Marta Boccanera. Inoltre, l’offerta non può essere improvvisata, ma va attentamente studiata per andare incontro alle esigenze, ai bisogni e ai gusti della clientela di riferimento, tenendo conto che a mezzogiorno le priorità maggiori sono servizio rapido, leggerezza e prezzi contenuti.

Attenzione a tempi rapidi e preparazioni espresso

Per esempio, per il momento del pranzo Grué, a Roma, aveva messo a punto due tipologie di servizio. Dal lunedì al venerdì, una pausa leggera e veloce con un buffet, ma non self service (peraltro attualmente vietato): i clienti potevano scegliere tra una ventina di verdure cotte in diversi modi (vapore, sottovuoto, grigliate, gratinate eccetera), insalate integrali, vari tipi di cereali (riso Venere, riso rosso, farro) e un addetto riempiva i piatti. C’erano poi primi espressi e secondi con vari tipi di carne e pesce, pane fatto in casa. Molte le lavorazioni fatte in casa, per esempio la marinatura e l’affumicatura del salmone, oppure sfruttando tecniche e attrezzature del laboratorio di pasticceria, come l’essiccatore. Prima della pandemia, Gruè faceva quattro turni per il pranzo: con una trentina di posti a sedere interni e altrettanti esterni nella bella stagione, e serviva dai 120 ai 150 pranzi al giorno, in settimana. La domenica, invece, quando c’era più tempo a disposizione, l’atmosfera era quella di un ristorantino di quartiere, con servizio al tavolo e 20-30 coperti serviti.

Un business da coltivare

E ora, nell’era della convivenza con il Covid-19, il pranzo in pasticceria tornerà a essere un business interessante per le pasticcerie? «Durante il lockdown - racconta Marta Boccanera di Gruè - abbiamo lavorato con il delivery e con l’asporto. Abbiamo ideato box take away per la colazione, il brunch e il pranzo leggero, quest’ultimo con toast, croissant salati e i nostri succhi. Quando riapriremo i battenti, proporremo il servizio al tavolo. Le norme per il distanziamento ci costringeranno a diminuire le persone presenti contemporaneamente nel locale. Se prima potevamo servire 25 coperti all’interno, ora potremo farne solo una decina, oltre a quelli nel dehors. Stiamo pensando quindi di allungare l’orario del pranzo dalle 12 alle 15.30 per fare più turni. Partiremo chiedendo ai clienti di prenotare una fascia oraria, in modo anche da evitare le code all’esterno. Non vogliamo installare schermi in plexiglass tra i tavoli, per non cambiare l’atmosfera del locale. Lo abbiamo messo solo alla cassa. Prevediamo di fare molto delivery, perché in tanti preferiranno ancora pranzare in ufficio o a casa. Stiamo studiando anche nuovi prodotti per l’asporto come quiche, torte salate e panini gourmet con pani speciali».

Più scettico sul ritorno a breve termine del pranzo consumato tra le mura dei suoi locali è Sebastiano Caridi. «Temo, ahimé, che ci vorrà tempo prima che la gente torni a sedersi a tavola - commenta -. Inoltre, con le norme sul distanziamento, nel locale storico di Faenza i posti a sedere passano da 35-40 pre-Covid a sei. In questa fase, quindi, non è il servizio al tavolo la parte dell’attività su cui investire. Ho perciò deciso di sviluppare un’offerta pranzo per l’asporto e il delivery, con una nuova linea di piatti di qualità, leggeri e veloci, come per esempio un crostone farcito, un carpaccio, un primo o un’insalatona».

La nuova offerta per il pranzo è partita con la formula Abc: il cliente può comporre il proprio menu combinando a piacere un piatto principale (A) e/o una macedonia o ananas (B) e/o un dessert (C), il tutto confezionato in un cofanetto, con trasporto e acqua inclusi. «Stiamo lavorando tanto con gli uffici», dice Caridi. Per il resto, il delivery “dolce” è stato importante durante la fase di lockdown, ma è andato scemando a favore dell’asporto, ed è quest’ultimo segmento su cui si concentra ormai l’attività, con numeri soddisfacenti anche se ancora lontani da quelli di un tempo: «Da uno a 10, se prima facevo 10 oggi nel locale di Faenza faccio 3, e sono molto contento. A Bologna, invece, siamo intorno al 15-18%», conclude il pasticcere faentino.

«Aspettiamo l’inizio di giugno per capire che cosa fare - ribadisce Luca Scanni, cofondatore di Pavé a Milano nel 2012 (delle novità più recenti della bakery abbiamo scritto qui) - e quali saranno le esigenze di chi tornerà a lavorare in ufficio. Se del caso, proveremo a proporre una parte salata per il pranzo in delivery e poi a ragionare sul pranzo nei punti vendita. Ma mettere insieme un’offerta per il pranzo ha costi alti e dobbiamo tenere conto dell’agguerrita concorrenza delle piattaforme di delivery. Per noi, il pranzo era una costola dell’attività. Dopo un anno e mezzo funzionava bene, in futuro vedremo se riattaccare questa costola all’attività principale. In questo momento, però, in mancanza di scenari chiari e di prospettive sull’evoluzione del mercato, l’imperativo è asciugare il più possibile i costi».

Flavia Fresia

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