Greed, avidi di gelato. Ovvero la gelateria sostenibile di Dario Rossi a Frascati. Dove gli ingredienti sono a filiera corta, le cialde dei coni sono senza glutine, latte o uova. E fa attenzione nel centellinare gli zuccheri aggiunti

L’amore di Dario Rossi per il gelato, oggi gelatiere e titolare di Greed a Frascati, inizia da bambino, quando la mamma acquista una gelatiera casalinga e casa Rossi diventa la gelateria clandestina di tutti gli amici di Dario. Con un tale imprinting, quando a vent’anni deve decidere che fare della sua vita, non è difficile pensare al gelato. Erano i primi anni 2000 e andare “a bottega” per imparare il mestiere non era cosa facile, perché erano poche le gelaterie romane a porre l’accento sulle materie prime. «Il primo su Roma - dice - fu San Crispino, seguito poi da Torcé (di cui abbiamo parlato qui)». Nel 2004 arriva la prima serranda per Rossi, che sceglie il difficile quartiere di Numidio Quadrato, periferia Sud della Capitale, per il suo Greed. «Avevo 29 anni - prosegue - e da allora siamo cambiati molto». Ma tutto questo è successo a Frascati, dove forse per Dario Rossi è avvenuta la svolta professionale, perché qui ha trovato tanti valori aggiunti: un contesto favorevole, a due passi da casa, la filiera corta con i piccoli produttori dei Castelli Romani, una relativa tranquillità per crescere. Prima di Frascati, infatti, l’esperienza di Roma si era conclusa perché per far quadrare i conti Rossi aveva dovuto aprire anche una zona bar, ma era un impegno troppo logorante e lo distoglieva dal focus del gelato. Nel mezzo c’è stato un passaggio a Labico, dove aveva vinto un bando per la gestione di un parco, ma da cui è andato via perché si è ritrovato in un ambiente lontano dalla sua filosofia.

Gelato anche per intolleranti e vegani

Frascati è stata la quadratura del cerchio: vicinissima a Roma e soprattutto al quadrante Sud dove Dario si era fatto conoscere, una delle destinazioni principe per chi va ai Castelli Romani, abitata non solo da locali, ma anche da molti stranieri per via della presenza del centro spaziale dell’Esa. «Sto in un vicolo e difficilmente rientro nei giri del turismo di massa dei Castelli Romani, ma dopo tanto lavoro posso dire che chi arriva da me mi conosce e mi cerca». Greed è diventato punto di riferimento anche per chi è intollerante, sia al glutine che al lattosio, nonché per i vegani. «Già dai tempi di Numidio Quadrato mi sono reso conto di quanto crescesse la popolazione degli intolleranti, così ho lavorato molto su questo tema. Anche i coni che utilizziamo sono cialde senza glutine, senza latte né uova. Inoltre, un buon 50% della produzione è senza latte e anche l’uovo è usato con grande moderazione visto che è allergizzante. È presente solo nei gusti in cui è un ingrediente caratterizzante come crema e zabaione». Inoltre, aggiunge Rossi, ogni anno nei mesi invernali ricalibriamo le ricette diminuendo la percentuale di zuccheri. «È un abbassamento minimo, in modo che sia poco percettibile al palato, ma anno dopo anno ci ha consentito di abbattere la percentuale di zucchero».

Sedici gusti, di cui due "salati"

Sedici i gusti in linea, di cui due sono gelati salati, come quello alle puntarelle, 4 alla frutta, il resto sorbetti. «Per la mia attenzione alle intolleranze uso il più possibile la base acqua, così anche chi non tollera il lattosio quando viene da me ha più scelta e trova anche mandorla, pistacchio, cacao, cocco e così via». Grande attenzione è posta alla materia prima, con la filiera più corta possibile, a parte qualche eccezione. «Credo nel km 0: c’è l’aspetto ambientale, ma anche quello dell’indotto per il territorio in cui vivo e del quale mi sono fatto promotore in prima persona». Dunque, si rispettano le stagioni, salvo casi come il bergamotto di Reggio Calabria, di cui Rossi è ambasciatore e che riesce ad usare anche nei mesi caldi grazie alla collaborazione di un produttore calabrese che in inverno prepara scorte di succo sottovuoto.

L'intervista a Dario Rossi

La possiamo definire la Greta del gelato? Perché no. In gelateria usiamo solo materiale compostabile, ricicliamo il più possibile e siamo attenti anche al km 0, perché credo che non sia sostenibile mangiare ananas e banane che fanno migliaia di chilometri, senza contare che questi frutti tropicali non hanno nulla da invidiare a quelli che ci dà la terra nel nostro emisfero.

Che macchina utilizza per il gelato? Al momento in laboratorio ho il Trittico di Bravo e mi ci trovo bene, ma da Antonini, dove ho firmato una consulenza, ho avuto modo di cimentarmi con la macchina Principessa e penso che sarà il mio prossimo regalo alla gelateria, perché sposa perfettamente la mia filosofia sulla sostenibilità. Non ha consumi d’acqua e garantisce un risparmio energetico di oltre il 50%.

Nel libro dei sogni c’è dell’altro? Non escludo di tornare a Roma. Ci sto pensando seriamente perché anche se a Frascati mi trovo benissimo, c’è un solo limite che soltanto a Roma potrei colmare: il delivery. Stare nella Capitale mi consentirebbe di aprirmi alle consegne a domicilio, che per molti miei colleghi sono salvifiche.

Alessandra Tibollo

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