I consigli degli esperti da cui prendere spunto per programmare l’evoluzione dell’attività, per ripartire nel modo migliore

MILANO. L’identità, il laboratorio, la vendita: sono i tre elementi chiave su cui fondare la ripartenza e l’evoluzione dell’attività. Evoluzione che non si è fermata nemmeno in tempo di pandemia, come testimoniano molti protagonisti del mondo dolce, di cui abbiamo raccolto le storie per dare a tutti un’iniezione di fiducia e di energia e qualche stimolo a mettersi ancora più in gioco. Ai nostri esperti, invece, abbiamo chiesto delle indicazioni utili per cogliere l’occasione (e la necessità, per molti versi) di fare le cose meglio di prima. Non tanto dal punto di vista delle ricette - il campo di elezione, di ogni professionista -, ma da quello della gestione della vostra azienda, dove c’è sempre da imparare e migliorare: il mercato evolve, i gusti e le esigenze dei clienti cambiano, la concorrenza si fa sempre più sfidante e ci chiede di continuare a innalzare l’asticella.

Due possibili scenari alla ripartenza

«La ripartenza evoca due scenari - spiega Filippo Scarponi, coach nudger -: uno nostalgico, di tornare come eravamo; l’altro, più utile, è di capire cosa vogliamo essere e diventare». Scarponi individua tre elementi chiave: autenticità, coinvolgimento, competenze. «L’autenticità ci spinge a mettere a fuoco la nostra identità - spiega Scarponi -: l’ideale è attingere ai valori e alle tradizioni del proprio territorio per svilupparli in direzione dell’eccellenza». Il coinvolgimento racchiude tanti aspetti: la collaborazione, la coesione, la cooperazione: «Occorre andare alla ricerca delle eccellenze locali, stringere relazioni e collaborazioni con i produttori che possono aiutarci a esaltare i gusti e far risaltare al meglio le nostre ricette». La competenza nasconde una realtà spesso non adeguatamente considerata: «Saper produrre non significa saper fare l’imprenditore - continua Scarponi -: ma se una volta bastava per avere un’attività profittevole, oggi non più. È appena il 15% di ciò che occorre. Bisogna sviluppare almeno altre tre competenze fondamentali: capire le necessità del cliente, scegliendo il target a cui rivolgersi; scegliere, formare e guidare la squadra giusta, sviluppando la propria capacità di leadership; imparare a comunicare: non solo online, ma anche nel punto vendita, perché è lì che si gioca la relazione con il cliente».

Tre fronti per sviluppare attività economicamente sostenibili

Messa meglio a fuoco l’identità, il secondo elemento da registrare, da mettere a punto è quello della produzione, del laboratorio: «La sfida per sviluppare un’attività sostenibile economicamente si gioca su tre fronti - afferma Marco Bordoni, consulente, fondatore di Kent Italia -: l’uso della tecnologia, la sostenibilità in senso ampio, la valorizzazione dei collaboratori. Occorre lavorare molto sui processi, applicando e adattando le tecniche di produzione tipiche dell’industria su scala artigianale. Significa, per fare degli esempi, avere processi automatizzati nella gestione delle scorte e una produzione il più possibile in serie, creando una serie di basi combinabili tra loro che ottimizzino i tempi di produzione minimizzando i passaggi necessari per arrivare ai diversi prodotti finiti». Bordoni sottolinea quanto diventi sempre più cruciale l’aspetto della sostenibilità, inteso in tre diverse accezioni: «Ridurre gli sprechi produttivi di materie prime; ottimizzare la produzione a livello energetico, sfruttando le tecnologie esistenti ad esempio per riutilizzare il calore prodotto dalla refrigerazione per riscaldare e produrre acqua calda; limitare l’uso di zuccheri, grassi e allergeni per andare incontro alle richieste di cibi più funzionali alla salute che parte soprattutto dai giovani». L’ultimo aspetto su cui Bordoni invita a concentrarsi è l’attenzione ai collaboratori: «Occorre investire in persone preparate, professionali, volonterose, garantire loro ambienti salubri, affidare alle macchine i cicli ripetitivi per risparmiare tempi di lavoro e migliorare la qualità del lavoro delle persone, attrarre e fidelizzare quelli che meritano».

La capacità di accoglienza di chi è al banco

La sintesi potrebbe essere: meno gente (e più capace) in laboratorio, più gente (e più capace) al banco: «Chi è a contatto del cliente - spiega Giacomo Pini, titolare di GpStudios - deve sviluppare capacità di accoglienza, conoscere e saper raccontare il prodotto e saper vendere. In questa prima fase occorre far tornare nei clienti l’abitudine a venire a trovarci: per esempio con un invito all’assaggio, un piccolo presente per il compleanno, un contest su Instagram». Il consiglio è di lavorare molto sulla comunicazione visuale: «La sintesi potrebbe essere: meno prodotto, meglio presentato, più raccontato. Meno supermercato, più gioielleria. Meno vassoi d’acciaio, più mise en place con tecniche espositive. Con magari un qr code che invita a scoprire di più sulla singola specialità, con uno storytelling che coinvolge anche la filiera delle materie prime. Un aspetto da rafforzare è quello legato al miglioramento dell’esperienza di consumo, soprattutto legata all’asporto: consigli per un perfetto consumo, suggerimenti su abbinamenti ideali, indicazioni utili per la conservazione». L’ultima frontiera da esplorare è quella della comunicazione esterna al negozio: «Perché non pensare - afferma Pini - a un totem digitale all’esterno del punto vendita che mostri il laboratorio, la produzione, l’esposizione in modo dinamico? Potrebbe essere uno strumento per sviluppare enormemente l’acquisto d’impulso, specie in zone di ampio passaggio».

Andrea Mongilardi

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