Moreno Cedroni, chef patron della stellata Madonnina del Pescatore di Senigallia (An) e Luca Abbadir, il suo sous chef – nonché braccio destro anche sul fronte della pasticceria – sono concordi: il dessert al ristorante non solo deve essere buono, ma d

Moreno Cedroni, chef patron della stellata Madonnina del Pescatore di Senigallia (An) e Luca Abbadir, il suo sous chef - nonché braccio destro anche sul fronte della pasticceria - sono concordi: il dessert al ristorante non solo deve essere buono, ma deve anche saper stupire e divertire. «Per me - dice Cedroni – questo è da sempre un fil rouge che lega le proposte in carta. Il dolce deve essere quel qualcosa che ti colpisce, non con effetti speciali, ma magari per un sapore, una forma, un abbinamento sensato anche se insolito. Così c’è stata l’epoca del cioccolato col riccio di mare, della “prima colazione”, del bounty di seppia…Più di recente con Luca abbiamo inventato E adesso chi lava i piatti, un dessert che sembra una spugnetta per lavare i piatti (pan di Spagna sifonato), con tanto di spray a simulare il liquido lavapiatti (in realtà contente Alkermes) e la schiuma (una spuma di mandorle). Il cibo ha una sua una sacralità, ma col dolce ti puoi permettere cose più estrose». Esattamente quello che si ritrova nel dolce che vi presentiamo. La Cedronita, con tanto di etichetta stampata con inchiostro e su carta alimentare (ostia), è frutto delle sperimentazioni che Cedroni e Abbadir stanno portando avanti su fermentazioni e liofilizzazioni, nel nuovo laboratorio The Tunnel, adiacente al ristorante.

«A febbraio - spiega Abbadir - abbiamo ricevuto il liofilizzatore che abbiamo installato nel Tunnel e abbiamo deciso di provarlo prima di tutto con la frutta che avevamo a disposizione, fra cui la banana. Contemporaneamente abbiamo sperimentato la Ocoo, una attrezzatura coreana che serve a velocizzare le fermentazioni. Già in alcune fermentazioni (ad esempio quella dell’aglio nero) abbiamo verificato che la buccia può essere utilizzata e abbiamo voluto provare con la banana. Dopo 5 ore di fermentazione abbiamo verificato che la dolcezza della polpa si trasmette per osmosi alla buccia, mantenendo note tanniche tipiche della buccia, con un retrogusto di nocciola. A quel punto abbiamo deciso di utilizziare tutto, polpa e buccia fermentate, per la preparazione del gelato. Nell’assemblaggio del piatto utilizziamo poi delle piccole losanghe di sola buccia, che diventa morbida e sottile, per dare una nota amarognola al dessert: alla base del dolce c’è una mousse di gianduia, per richiamare il sapore della nocciola che abbiamo percepito nella buccia di banana. Sotto a questa mousse si dispone uno streusel al cacao e nocciole grattugiato, il gelato e a chiusura la banana liofilizzata grattugiata al tavolo. Chiude il piatto un “brodo” di acetosella, che introduce una nota acidula e piccante, perché nella sua preparazione c’è anche un pizzico di peperoncino. Così abbiamo ha la parte dolce e quella tannica, quella morbida e croccante, l’acidulo e il piccante. Insomma un dolce davvero completo».

Foto Brambilla-Serrani

Redazione

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