L’alta pasticceria è diventata un fertile terreno per i grandi gruppi della moda e del lusso, che stanno acquisendo storici marchi. I motivi dietro al trend e i casi di scuola

AAA cercasi pasticceria artigianale con almeno 40 anni di storia alle spalle, clientela affezionata, pasticcere di fama e location centrale o semi-centrale su Milano. Annuncio - finto, naturalmente - che ha funzionato negli ultimi tempi. Le insegne di alta pasticceria stuzzicano l’appetito di investitori e di grandi gruppi internazionali della moda e del lusso, che vedono le potenzialità di questo pezzo prestigioso del food made in Italy. Milano si è accorta del valore di alcune sue attività dolci lo scorso autunno: Pasticceria Martesana è stata acquisita (per il 60%) da due società che fanno investimenti diretti in start-up e sviluppo finanziario, la Mega Holding e la Eagle Capital Ventures. Rimane in mano alla famiglia di Vincenzo Santoro il restante 40%, e il maestro e i suoi figli rimangono nell’organigramma dell’azienda. Poco dopo, nuovo annuncio: Sant Ambroeus, altro celebre marchio del centro, aperta dal 1936, passa di mano dalla famiglia Festorazzi al gruppo Sahg, a sua volta partecipato dal fondo Thcp per una quota di minoranza. Sahg sta per Sant Ambroeus Hospitality Group, gruppo nato negli Stati Uniti dall’iniziativa della famiglia Pauli e Gherardo Guarducci. In pratica gli ex proprietari della Sant Ambreous milanese hanno sviluppato il brand e altre attività di ristorazione a Manhattan e dintorni con una società separata e ora rientrano in possesso del negozio originario. «Oggi intraprendiamo una nuova avventura, partendo dai portici di Corso Matteotti a Milano dove tutto è iniziato più di 90 anni fa», ha detto Guarducci, executive chairman e co-founder del gruppo Sahg.

Modello di business replicabile e qualità made in Italy

Cosa piace, agli investitori, della pasticceria artigianale italiana e delle insegne storiche? Non solo il panettone, a quanto pare. Lo spiega Valter Conca, professore di management dell’Università Bocconi, direttore dell’Osservatorio private equity e finanza per la crescita ed esperto di acquisizioni: «L’interesse di un fondo in attività artigianali di pasticceria potrebbe essere di sfruttare il forte brand e replicare il modello di business in altre città italiane o meglio ancora all’estero, veicolando un prodotto di qualità “made in Italy”. Se il fondo entra con una quota di controllo la strategia dovrebbe portare a una managerializzazione, con una maggiore efficienza organizzativa, magari con significativi cambiamenti di allargamento della gamma prodotti/servizi». Gli fa eco Chiara Mauri, direttore della Scuola di economia e management della Liuc - Università Cattaneo di Castellanza. «Di solito entrano nella proprietà per costruire un network, per gestire e per portare un contributo manageriale di alto livello, spesso mantenendo il personale esistente o le figure storiche di riferimento». Ci conferma questi intenti Luca Tartaglia, neo direttore generale di Martesana e co-investitore nella recente acquisizione: «Non siamo un fondo speculativo, siamo qui per fare un investimento di ampio respiro e farlo funzionare al meglio. Questo marchio ha il suo valore se resta legato a un prodotto artigianale e se riusciamo a rendere efficienti i processi. Vogliamo che Martesana sia conosciuta oltre i confini di Milano». Il piano di sviluppo prevede innanzi tutto l’ampliamento di circa 450 mq del laboratorio centrale di Sesto San Giovanni. Poi ci saranno anche nuovi punti vendita: «A via Cagliero, via Sarpi, Sant’Agostino e Mercato Centrale si aggiungerà un altro punto vendita in Milano, poi esploreremo centri cittadini di altre città in Lombardia. Niente aree commerciali: non è questa la nostra strategia. Ad oggi la domanda è superiore alla capacità di offerta di Martesana, lì dobbiamo intervenire». Focus anche su e-commerce «da rafforzare», forniture per l’alta ristorazione ed export.

Rendere possibile una strategia di internazionalizzazione

«Un esempio curioso: sotto Natale - racconta Tartaglia - abbiamo venduto circa 100 panettoni in Bahrein, personalizzati in due varianti: zenzero e datteri e acqua di rose. Il cliente ci ha scritto che il prossimo anno vorrebbe triplicare gli ordini. Partiamo da queste attenzioni verso il marchio per costruire una strategia di internazionalizzazione. Intanto abbiamo inserito figure manageriali nell’organigramma, come Marco Marsico che si occupa del marketing». Il negozio di Sant Ambroeus in Corso Matteotti, invece, «È uno strumento di heritage marketing potentissimo». Lo spiega a Dolcegiornale la professoressa Roberta Crespi, direttore del Master in gestione dei beni di lusso dell’Università Cattolica di Milano. «La ratio di questa acquisizione - dice la docente - verosimilmente sta nel non voler “lasciare indietro” il locale storico mentre si pensa a uno sviluppo internazionale del brand. Sant Ambroeus America, diciamo così, si riappropria del suo passato, che deve continuare ad esistere se si vuol dare una veste di lusso, e giustificare un premio di prezzo, all’offerta anche in altri futuri punti vendita, o in quello già esistente negli Stati Uniti». Un altro pezzo del puzzle è quello che vede grandi gruppi del lusso entrare nelle attività di pasticceria. Lo ha vissuto la pasticceria Cova, nel 2013, con l’acquisizione della prestigiosissima location di via Monte Napoleone da parte del gruppo Lvmh (il colosso francese della moda, del lusso e della cosmesi). Quasi lo stesso è accaduto per Marchesi 1824, dal 2014 di proprietà del gruppo Prada. «In questi casi - spiega Crespi - abbiamo grosse multinazionali del lusso che si impegnano in una attività, l’alta pasticceria, per loro nuova o quasi. Per esercitare quel business specifico, controllandolo completamente e legandolo in qualche modo al loro brand principale e ai valori che esso esprime». Lvmh ha delle expertise nel settore hospitality, quindi quella fu una acquisizione coerente con l’operato della multinazionale. Prada, prendendo Marchesi e migliorandone visibilità e punti vendita, ha già aperto a Londra e si svilupperà a livello internazionale.

Nuova commistione fra pasticceria e brand del lusso

L’ultima frontiera della commistione tra alta moda/lusso e alta pasticceria (o settore food in generale) è, però, in una formula ancora differente. «Il consumatore del lusso è un po’ cambiato negli ultimi anni: non vuole più possedere per ostentare, ma per sé, per ottenere una gratificazione personale e un senso di vicinanza con il brand. Questa gratificazione passa dall’esperienza di consumo - spiega la professoressa Crespi -. Per questo nascono incroci tra marchi di alta gamma e pasticceria. Per questo un marchio come Louis Vuitton, nel 2020, ha aperto a Osaka, all’ultimo piano della sua boutique monomarca, la caffetteria Le Café V e il ristorante Sugalabo V». Una collaborazione con lo chef Yosuke Suga, proseguita con la seconda apertura di Le Café V a Tokyo e il lancio dei cioccolatini a marchio Louis Vuitton. «Questi brand hanno bisogno - ancor di più nel momento di uscita dalla pandemia - di richiamare i clienti negli store fisici, e lo fanno ricreando esperienze immersive ed elitarie, dove la parte food diventa fondamentale».

 

1. La testimonianza di Vincenzo Santoro, Pasticceria Martesana

Quanta libertà artistica rimane oggi in capo ai pastry chef? Tantissima. I nostri pastry chef condividono tutti gli stessi valori di un brand che sempre più porteremo in alto, nell’olimpo dell’alta pasticceria italiana. Non sarebbe possibile tutto questo se non avessero massima libertà alla loro espressione creativa e artistica.

Dal punto di vista delle ricette e dello sviluppo di prodotti, in che direzione procederete, insieme a Domenico Di Clemente? Ci teniamo sempre aggiornati su quanto accade in Italia e nel mondo. Insieme al marketing cerchiamo di capire come potrebbero cambiare i bisogni e i consumi dei nostri clienti, continuando a proporre loro ricette classiche e della tradizione, affiancate a nuovi gusti e abbinamenti. Nel prossimo futuro stiamo studiando delle innovazioni di prodotto in ambito gelateria, sempre artigianale, e per il Natale 2022 abbiamo esplorato nuove culture del gusto.

Impossibile immaginare Martesana senza Vincenzo Santoro al lavoro in laboratorio: resterà vicino ai suoi pasticceri? Martesana è anzitutto una pasticceria storica, un’icona milanese, un’esperienza di gusto unica e intramontabile. I pasticceri che lavorano nel gruppo sono esperti in cui abbiamo riposto la nostra massima fiducia e che costituiscono segretamente tutte le nostre ricette.

2. La testimonianza di Diego Crosara, Pasticceria Marchesi 1824

È entrato in Marchesi nel 2018, come è cambiato il suo ruolo in questi anni? Da coordinatore delle attività di laboratorio mi sono spostato prevalentemente sulla parte creativa, con studio e revisione delle ricette e nuove proposte. Abbiamo una decina di pasticceri, lavoriamo per i pdv a Milano ma anche per quello di Londra, dove ci sono altri tre pasticceri per la produzione di alcuni prodotti in loco e la finitura.

Come si lavora con una proprietà come Prada, un grande gruppo del lusso? La proprietà è molto attenta, sentiamo molto vicina la famiglia Bertelli. Lorenzo Bertelli, figlio di Miuccia Prada, ha un palato fine e quello con lui è un confronto molto aperto e approfondito. Rispetto a una pasticceria artigianale a conduzione familiare, siamo diversi, più “azienda” in alcune fasi. Penso all’ideazione di nuovi prodotti, non è una procedura così immediata come può essere in una pasticceria di famiglia. Ogni progetto richiede il giusto tempo, anche sei mesi o un anno: un brand così importante non mette certo un dolce in vetrina con improvvisazione.

Una impronta manageriale, insomma. Sì, ma dal lato artistico la creatività è preservata. C’è un approccio gestionale e una attenzione alta alle procedure, come è normale che sia. La forza di un’azienda grande e strutturata nella proprietà si vede nella ricerca e selezione dei fornitori, per esempio. Su questo, peraltro, ho impostato io stesso dei paletti: usiamo in prevalenza prodotti italiani, in tutto quello per cui è possibile, farine, zucchero, uova, burro. Altri campi in cui si sente l’approccio da azienda è la selezione del personale e l’attenzione alla sostenibilità ambientale; su questo aspetto la proprietà è molto sensibile.

 

Ernesto Brambilla

Mattia Distaso

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