I consigli per selezionare le persone e inserirle con successo nel proprio team. Dai colloqui ben fatti alle regole chiare, fino all’affiancamento

Reperire personale, per bar e pasticcerie, è diventato un problema di dimensioni importanti: «L’impatto della pandemia è stato dirompente», spiega Marco Ranocchia, co-fondatore di PlanetOne, azienda attiva nella formazione e nella consulenza in ambito food&beverage. «Persiste la carenza di risorse umane, sia personale di cucina che al banco o al servizio. I fuoriusciti durante il picco della crisi non sono rientrati e pochi ora entrano in un mercato del lavoro storicamente segnato da criticità e storture, spesso preferendo altri settori». Motivi in più per dare una scossa - in positivo - alle procedure di selezione e ingaggio del personale.

Rivedere le procedure di selezione

Con l’aiuto di Ranocchia sviluppiamo un piano razionale con il quale il gestore di un locale può migliorare la ricerca e l’ingresso delle persone nella propria azienda. Perché proprio questo è il momento giusto per “ristrutturare” queste procedure, superando quelle storture e rendendo il processo il più sicuro possibile, sia per l’impresa che per il nuovo entrante. «Ingaggiare un collaboratore significa consegnare a lui il risultato della tua impresa. Prima di tutto bisogna avere chiaro in mente chi ci serve e chi stiamo cercando», spiega il consulente. Fare, cioè, una prospezione interna e capire se si cerca un professionista stabile, un professionista stagionale o un “extra”, ossia una persona che si aggiunge al team nel giorno o nella fascia oraria in cui il mercato lo richiede.

Un occhio attento su Cv e social

Chiarite le idee a livello interno, si calano queste esigenze nella selezione vera e propria. «Il primo consiglio è di studiare bene il cv, che vale da solo un 20-25% della conoscenza della persona. Bisogna porsi domande come “che formazione ha?”, “quanti posti ha cambiato?”, “con che intervallo?”, ma anche “che profilo sociale si intuisce dal cv?”. Poi, è bene formulare 5 domande e chiedere al candidato una risposta breve, magari da inviare in video. Molto utile per valutare la persona nel modo in cui si pone, aspetto fondamentale perché dovrà poi parlare con i clienti». In sostanza serve un focus sulle soft skills del candidato, prima ancora che sulle competenze specifiche “hard” (che si possono sempre acquisire con la formazione).

Un picco di pressione per valutare il candidato

Si arriva così a una prima selezione e al colloquio, da tarare a seconda della criticità della posizione ricercata. «Quanti colloqui fare? Dipende dalla delicatezza della posizione. Consiglio di studiare i social del candidato tra un colloquio e l’altro, perché aiuta a capire un pezzo importantissimo di che essere umano stai coinvolgendo nel tuo team». Infine, a scelta fatta, bisogna usare il periodo di prova di tre mesi per impostare il lavoro, sottoponendo la persona anche a picchi di pressione lavorativa commisurati alla sua posizione. Solo così la si può valutare completamente».

L'ingresso: fase delicata che va governata bene

L’ingresso in azienda, poi, va presidiato con altrettanto rigore. «Se il titolare ha le idee chiare su che cosa gli serve e affianca, allena, fa comprendere, forma la risorsa, avrà alla fine della qualità integrata. Se il titolare ha la “sindrome del fare”, butta le persone nel lavoro con pochissime istruzioni, si affida all’affiancamento posto in essere da un'altra persona senza istruirla a sua volta, il risultato non arriva e la risorsa si allontana».

Spesso c’è questo meccanismo alla base del turnover alto. Ma come si sanciscono le regole d’ingaggio? «Ci sono alcuni documenti assolutamente imprescindibili. Organigramma, job description, manuali operativi, corpus di regole interne. Infine un codice deontologico con le regole di comportamento nei confronti dei colleghi, degli esterni e della concorrenza».

Ernesto Brambilla

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