I consigli del tecnologo alimentare sulle prassi da mettere in atto alla riapertura dei locali. Disinfezione, sanificazione, cosa fare

L’epidemia di Covid-19 ha messo a serio rischio non soltanto la salute, ma anche le attività di molti italiani. Ma finirà. E arriverà il momento in cui potremo riaprire. Che cosa dovremo fare, allora, per ripartire in condizioni igieniche ottimali? Lo abbiamo chiesto a Massimo Artorige Giubilesi, tecnologo alimentare, consulente anche per l’Ampi, l’Accademia dei maestri pasticceri italiani. «Innanzitutto - dice Giubilesi - se si riapre occorre essere certi di aver chiuso bene e, cioè, sanificato e coperto con un telo idoneo al contatto alimentare tutte le attrezzature, eliminato i prodotti in scadenza, igienizzato e lasciato aperti tutti gli armadi o le celle frigorifere. Se non c’e stato tempo di farlo, occorre tornare in sede per completare queste operazioni». Al momento di ripartire, quindi, che cosa dovremo fare? «Tornare in pasticceria due o tre giorni prima della riapertura e riattivare utenze e attrezzature, avendo cura di ripetere pulizia, disinfezione e disinfestazione degli strumenti e delle superfici. Poi occorre ricontrollare la scadenza dei prodotti, oltre a pulire e disinfettare gli spogliatoi del personale e i bagni del pubblico». Ci sono prodotti o procedure specifiche da usare? Accorgimenti per essere sicuri di eliminare il nuovo coronavirus SARS-CoV-2, responsabile dell’epidemia? «I virus sono organismi molto aggressivi nel loro ambiente d’elezione, cioè all’interno delle cellule che parassitano, ma vulnerabili quando si trovano allo “scoperto”. Anche se possono resistere a lungo a temperatura ambiente, di refrigerazione o di surgelazione non sopravvivono oltre i 65 °C. Il nuovo coronavirus non si trasmette con gli alimenti ma può resistere qualche giorno sulle superfici e nell’aria. Quindi per tutelarsi occorrerà una doppia azione, chimica e fisica». Cioè? «Andranno usati disinfettanti ad alto spettro, come alcol etilico o isopropilico oltre il 70%, ammoni quaternari ramificati, benzalconio cloruro o triammine. Ma è importante anche trattare superfici e attrezzature con vapore a 160/180 °C e l’aria con l’ozono». In quale modo? «Usando generatori di ozono, che possono essere portatili o connessi all’impianto di climatizzazione per garantire sia un’azione continua, a locale vuoto, sia discontinua, quando è presente il personale, riducendo il dosaggio». Accorgimenti da ripetere nel tempo e non soltanto alla riapertura. «Questa esperienza - conclude Giubilesi - dovrà servirci per ripensare in toto il concetto di igiene e sicurezza, non soltanto alimentare ma anche ambientale. Dovremo ripensare metodologia, prodotti e tecniche di sanificazione per evitare che, in futuro, tornino a ripetersi situazioni simili».

(illustrazione Mattia Distaso)

Riccardo Oldani

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