La parola chiave è: consapevolezza. Approcciarsi alla lotta alla plastica impone di tenere conto di alcuni elementi fondamentali. Primo: ad oggi la plastica usa e getta, che serve a realizzare tanti prodotti di uso comune in gelateria come palettine, c

La parola chiave è: consapevolezza. Approcciarsi alla lotta alla plastica impone di tenere conto di alcuni elementi fondamentali. Primo: ad oggi la plastica usa e getta, che serve a realizzare tanti prodotti di uso comune in gelateria come palettine, coppette e cannucce, non è ancora tutta al bando in Italia. Secondo: il mercato non è prontissimo per una sostituzione totale di quei prodotti. Terzo: i costi per rendere plastic free il proprio esercizio commerciale sono altissimi. Bisogna avere le spalle larghe e la consapevolezza (appunto) di fare un investimento anche di immagine e comunicazione. Di contribuire a promuovere la cultura della sostenibilità. Operazione giusta, sacrosanta. E, a questo proposito, meglio avere ben chiaro in mente il punto quattro: che cosa comunicare al consumatore. La risposta? Che solo un corretto smaltimento dei rifiuti salva oceani e animali marini, e rende i consumi amici dell'ambiente.

Ripartiamo dai fatti

L'Europa ha una strategia di lungo periodo per salvaguardare l'ambiente dalle materie plastiche. Il Parlamento europeo ha approvato una direttiva che vieta dal 2021 alcuni articoli monouso in plastica. Sono piatti, posate, cannucce, cotton fioc, bastoncini per palloncini, contenitori per alimenti. Per altri prodotti è prevista "solo" una riduzione dei consumi. Per altri ancora, come le bottiglie di plastica, un "re-design" più attento all'ambiente (leggasi: il tappo non si dovrà più staccare dalla bottiglia una volta aperta la stessa, per evitare che diventi un rifiuto a se stante), ma non un bando. La direttiva prevede anche nuovi requisiti di etichettatura (per evidenziare l'impatto ambientale dei rifiuti e spiegare meglio al consumatore come devono essere smaltiti) e che il 90% delle bottiglie di plastica debba essere raccolto separatamente dagli stati membri dell'UE entro il 2029. In più, le bottiglie di plastica dovranno contenere almeno il 25% di materiale riciclato entro il 2025 e il 30% entro il 2030.

Perché la plastica monouso è un problema

Secondo dati raccolti da Legambiente, l'Italia è il secondo Paese europeo per plastica prodotta: ogni anno vengono immesse al consumo tra i 6 e 7 milioni di tonnellate di plastica. Il danno si tocca con mano sulle nostre spiagge, dove troviamo in media 620 rifiuti ogni 100 metri, e l'80% è in plastica. I rifiuti più frequentemente rinvenuti sono frammenti di oggetti di plastica, tappi, cotton fioc, frammenti di imballaggi di polistirolo, bottiglie di plastica, mozziconi di sigarette, bicchieri, cannucce, posate, piatti di plastica. Insomma, vincono gli oggetti "usa e getta". Secondo Legambiente, la direzione principale per affrontare il problema è la drastica riduzione del ricorso alla plastica, la riprogettazione di imballaggi ed oggetti nella direzione della durevolezza e della riusabilità, prima ancora che dalla riciclabilità. L'approccio, insomma, sposato dalla UE con la direttiva di cui sopra. Quella direttiva, però, dovrà essere recepita dagli Stati membri (Italia inclusa) entro due anni. Il Governo si è impegnato a fare in fretta. Nel frattempo da noi i sacchetti di plastica sono già banditi (dal 2011) e da quest'anno stessa sorte è toccata ai cotton fioc in plastica. Il Ministero dell'ambiente promuove dallo scorso anno una campagna per l'eliminazione della plastica dagli uffici pubblici (tutte le informazioni sono sul sito www.minambiente.it).

Le iniziative

In Italia stanno nascendo tante iniziative locali per combattere le plastiche monouso: nelle località turistiche, nei porti e nelle città. A Roma sono circa 200 i locali che si definiscono "plastic free". A Genova il comune patrocina, da settembre scorso, #TargetPlasticFree, promosso da Worldrise Onlus. Spiega la coordinatrice Silvia Olivieri: «Siamo partiti dal centro storico, chiedendo a ristoranti e bar di sostituire prodotti in plastica monouso con materiali principalmente riutilizzabili o con prodotti compostabili. Sono 24 i locali che hanno aderito, ora vogliamo spostarci fuori dal centro e coinvolgere anche le gelaterie. Ci stiamo spostando anche su Milano, con un focus sui locali notturni, e su Reggio Calabria e la Sardegna». Proprio a Milano è partita l'iniziativa "Milano Plastic Free", che nasce da un'idea del Comune in collaborazione con Legambiente Lombardia. Ci spiega Caterina Benvenuto, referente della campagna per Legambiente: «L'idea è accompagnare i pubblici esercizi in questo momento di transizione verso la normativa: oggi niente è ancora al bando, ma noi facciamo consulenza agli esercizi commerciali per aiutarli. Nei quartieri Isola e Niguarda facciamo attività porta a porta per coinvolgere gli esercenti, dal resto della città arrivano adesioni spontanee. È sempre un atto volontario, noi richiediamo azioni visibili da subito e un programma di altre iniziative da intraprendere entro l'anno. Chi aderisce viene inserito in una mappa interattiva visibile sul sito. Sul punto vendita si applica una vetrofania e si rendono disponibili pieghevoli informativi con suggerimenti anche per il consumatore». Ad oggi sono poco più di 20 i locali coinvolti, ma le adesioni crescono velocemente. La consulenza di Legambiente cerca di sminare le difficoltà gestionali degli esercenti che vogliono eliminare cannucce, cucchiaini e coppette in plastica. «Il problema maggiore è il prezzo dei prodotti alternativi. Noi abbiamo attivato una convenzione con un fornitore, ma è solo una proposta: suggeriamo ai titolari di aggregare la domanda, per abbassare il prezzo di prodotti usa e getta "bio". Perché si può anche toccare un prezzo triplo rispetto a quello dei normali consumabili in plastica standard».

Saper gestire i rifiuti

Costi a parte, guai a dimenticare l'altro punto delicato: se di campagna di comunicazione e sensibilizzazione si deve trattare, che sia precisa. Luigi De Nardo, professore di Scienza e tecnologia dei materiali al Politecnico di Milano, spiega a Dolcegiornale: «Non passi l'idea che usando i materiali biodegradabili si possa assecondare una gestione errata e indiscriminata del rifiuto. Non posso concedermi il lusso di buttare una forchettina biodegradabile o compostabile in strada perché tanto degraderà. Non lo farà, se non in precise condizioni ambientali. E, per inciso, quelle condizioni difficilmente si realizzano in ambiente marino». Tradotto: se non la smettiamo di far arrivare in mare una montagna di plastica (inclusa quella "bio"), balene, tartarughe e spiagge continueranno a morire. «Tant'è che l'Europa sa benissimo che serve una azione articolata e dice, nel documento A circolar Economy for Plastics, che piuttosto che essere una soluzione generale per il trattamento dei rifiuti, la compostabilità dovrebbe essere presa in considerazione per situazioni specifiche e applicazioni che generano particolari benefici. Per esempio, se il rifiuto non è facilmente separabile dal cibo, meglio che sia in materiale compostabile. Se invece è separabile, meglio che sia riciclabile». Attenzione anche a scambiare per obblighi ordinanze o iniziative locali. Perché in qualche caso includono l'abbandono preventivo di oggetti in plastica che non sono e non saranno banditi (come le bottigliette per acqua e bibite). L'ideale sarebbe riuscire a costruire, per la propria gelateria o pasticceria, una solida campagna di comunicazione che spieghi al cliente che cosa è stato sostituito con bioplastiche, perché e... dove deve buttarlo. Ne è consapevole anche Confcommercio, come ci spiega Patrizia Di Dio, membro della giunta esecutiva con delega ad ambiente e sostenibilità: «A monte serve una radicale e incisiva campagna di informazione. Non è solo con la sostituzione dei prodotti monouso che si risolve il problema - anche se in questo campo stiamo ragionando con i produttori per costruire delle partnership e aiutare le piccole imprese del terziario. L'obiettivo resta la creazione di una cultura della sostenibilità nell'impresa e nel consumatore, e il problema centrale è il conferimento del rifiuto».

Numeri sotto la lente

6 milioni: le tonnellate di plastica immesse al consumo in Italia ogni anno

620:i rifiuti ogni cento metri di spiaggia in Italia (dati Legambiente)

50%:i rifiuti plastici sulle spiagge come bicchieri, piatti, cannucce, tappi, bottigliette (dati UE)

1%:il peso delle bioplastiche sulla produzione complessiva di materie plastiche oggi (dato UE)

38%:i consumatori italiani che dichiarano di aver acquistato un prodotto per la confezione a basso impatto ambientale (dato Nielsen, Global Survey of corporate social responsibility and sustainability, 2015)

Glossario

RIUTILIZZO: tutte le operazioni che permettono di riutilizzare prodotti che non sono ancora diventati rifiuti.

RICICLO: operazioni di recupero che consentono di ritrattare i materiali del rifiuto per ottenere nuovi prodotti, sostanze o materiali da usare per nuovi fini o per gli stessi per cui sono stati concepiti.

RACCOLTA DIFFERENZIATA: raccolta attuata separando in appositi contenitori le sostanze riciclabili (vetro, carta, alluminio, plastica, ecc.) dai rifiuti di altro genere.

BIODEGRADABILE: materiale che si converte in acqua, anidride carbonica e biomassa (in condizioni aerobiche) o in idrocarburi, metano e biomassa (in condizioni anaerobiche), attraverso un processo chimico durante il quale operano alcuni microrganismi presenti nell'ambiente.

COMPOSTABILE: materiale, che, secondo la norma EN 14995 (per l'imballaggio EN 13432), risponde a quattro caratteristiche. 1. biodegradabilità: in condizioni controllate di compostaggio (industriale o anaerobico) almeno il 90% del materiale organico viene convertito in CO2 entro 6 mesi; 2. disintegrazione: dopo 3 mesi di compostaggio e successiva setacciatura, non può rimanere più del 10% di residuo; 3) effetto sul processo di trattamento biologico e 4) effetto sulla qualità del compost risultante: il materiale che degrada non deve avere nessuna influenza negativa sul processo di compostaggio e nessun metallo pesante deve superare i limiti fissati.

PLASTICHE "CONVENZIONALI": si intendono quelle usate largamente per la maggior parte delle applicazioni. Derivano da risorse fossili (derivati del petrolio), dunque da risorse non rinnovabili; non sono biodegradabili. Esempio: polietilene, polipropilene, polistirene espanso.

BIOPLASTICHE: materiali plastici a base di polimeri che possono essere di tre tipi:

  1. bioplastiche di origine biologica non biodegradabili: sono di origine naturale, derivanti da etanolo (quindi non di origine petrolifera) ma non degradano nell'ambiente. Esempi: bio-PE, bio-PET. La loro produzione ha un impatto migliore sull'ambiente, in termini di C02 prodotta, ma il loro "fine vita" è uguale a quello dei materiali plastici convenzionali.
  2. bioplastiche di origine fossile biodegradabili: anche se sono prodotte con derivati del petrolio, degradano nell'ambiente. Esempi: il PBS (polibutilen succinato, polimero termoplastico completamente biodegradabile), il PBAT polibutilene adipato tereftalato).
  3. bioplastiche a base biologica biodegradabili: derivano da fonti naturali e degradano nell'ambiente. Esempi: il PLA (acido polilattico), i derivati dell'amido.

OGGETTI IN PLASTICA MONOUSO: prodotti che hanno una vita utile molto breve, oggi realizzati largamente con materie plastiche convenzionali. Sono: piatti, posate, cannucce, cotton fioc e bastoncini per palloncini.

Ernesto Brambilla

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