Un laboratorio per la produzione di gelato in grandi numeri, fruibile anche per i tour. Succede al Palazzo del Freddo a Roma, la “casa” del gelato da 5 generazioni della famiglia Fassi

Le ricette del bisnonno, gli strumenti di oggi. Pochi gli aggiustamenti per adattarsi alla modernità, dopo 140 anni di onorata carriera Fassi, aka il Palazzo del Freddo, resta sempre una vera e propria istituzione del gelato a Roma. Una gelateria in un intero palazzo umbertino, in via Principe Eugenio, in pieno Esquilino, quartiere costruito per la nobiltà romana, oggi cuore della Chinatown cittadina. Cinquecento metri quadrati di sala, 150 di laboratorio e ancora altri 60 per la sala Giuseppina, dedicata dal bisnonno alla moglie e alla madre, che portavano entrambe questo nome. Senza contare l’intero palazzo, ancora oggi abitato da un Fassi, Andrea, che rinnova la tradizione iniziata dal nonno che credeva fermamente nel concetto di “casa e bottega”.

Cinque generazioni nel nome del gelato

Andrea Fassi, quinta generazione della dinastia di gelatieri, ha preso le redini del Palazzo del Freddo dopo anni di personale ritrosia. Un po’ costretto dagli eventi, un po’ spinto dal forte sentimento di appartenenza che lo contraddistingue, da qualche anno ha messo il grembiule e si è lanciato nell’attività di famiglia. «Alla fine mi sono scoperto pure un bravo gelatiere, ma d’altra parte vedo fare il gelato da quando sono nato», afferma. Sua l’idea di ristrutturare il laboratorio, di renderlo fruibile anche per i tour (temporaneamente sospesi, ndr), che in poco tempo sono diventati una voce di business importante, perché garantiscono migliaia di accessi l’anno, da ogni parte del mondo. Si comincia osservando gli strumenti di un tempo, nel mini-museo ospitato nella grande sala, di fianco al bancone, poi si entra in laboratorio e ci si sofferma davanti al box dei Sampietrini, il must have di Fassi. Fondamentale anche l’effetto storytelling, resosi necessario soprattutto dopo l’affaire Corea. «È stato un momento duro per noi. Era il 2015, avevamo appena perso lo zio Fabrizio, l’ultimo Fassi che aveva dato anima e corpo alla gelateria, mentre mio padre già si occupava del franchising che avevamo lanciato appunto in Corea con un’azienda locale. La stessa che ci è venuta incontro, finanziando le quote, acquistando di fatto solo il marchio, che nel loro Paese è diventato sinonimo di buon gelato italiano, con 82 punti vendita ai quali noi forniamo tuttora le ricette e il know how. Noi Fassi abbiamo mantenuto il totale controllo del Palazzo del Freddo di Roma e per noi i coreani non sono niente di più di un socio finanziatore, ma agli occhi dell’opinione pubblica Fassi da quel giorno aveva gli occhi a mandorla. È stata dura far cambiare idea alla gente e far capire che nulla era cambiato nel cuore della gelateria». È in quel momento che Andrea ha deciso di rimboccarsi le maniche e metterci la faccia. Ci voleva un volto di famiglia, per ridare al Palazzo del Freddo il suo sapore totalmente italico e recuperarne la gloriosa reputazione. Ed è così che sono nati i tour, le masterclass, gli incontri con gli chef, gli show cooking e le serate a quattro mani, perfino una scuola di scrittura con storie a tema gelato.

Il prodotto cult, il Sanpietrino

Di fatto, nel nucleo dell’attività Fassi è cambiato ben poco: resta una macchina da guerra da 700 kg di gelato al giorno in estate e 400 d’inverno (pre pandemia), senza contare sampietrini, caterinette, tronchetti e le altre torte gelato che ne hanno fatto l’identità. I Sampietrini soprattutto, benché non siano il prodotto più antico, sono diventati uno dei più famosi, anche grazie all’intelligente packaging perfetto per l’asporto. «Hanno solo 25 anni e li ha inventati mio zio Fabrizio». Si tratta di cubotti di semifreddo ricoperti di cioccolato; quelli al fondente ricordano effettivamente i sampietrini del selciato romano, i gusti sono quelli più ordinati al banco, come pistacchio, nocciola, crema, gianduia e così via. Poi ci sono i Sampietrini gourmet, in sei versioni: Cristina Bowerman con l’arachide salata, Arcangelo Dandini con tuorlo d’uovo e semi di finocchio, Andrea Roscioli immancabilmente con il pane, Carla Trimani ovviamente al vino, infine Claudia Massara, chef del ristorante multietnico Altrove, che ha proposto rapa rossa e zenzero. «Stiamo studiando un’edizione speciale per i 140 anni, che festeggeremo finita l’emergenza che stiamo vivendo, ma i gusti sono top secret». Fra le novità promesse per i 140 anni, Andrea Fassi ci aggiunge anche un’ulteriore ricerca sulla materia prima, che vuole riavvicinare sempre di più al territorio («Per esempio adesso usiamo la tonda gentile del Piemonte, ma voglio passare alla nocciola viterbese del Monte Cimino», rivela Andrea).

Telegelato, quando il gelato viaggia col ghiaccio secco

Di contro, pensa di diminuire i gusti dei gelati, mantenendo naturalmente quelli che vanno di più, fra cui spiccano i grandi classici (nocciola, pistacchio, crema, cioccolato) ma anche delle chicche come il mango. Particolare che fa pensare al pubblico multietnico che frequenta questa gelateria, nel cuore della Chinatown romana, eppure Fassi smentisce: «Piace soprattutto ai romani, anche perché sono grandi consumatori di gelato da asporto: come tradizione vuole, specialmente la domenica mattina, vengono da noi ad acquistare il gelato da portare a pranzo a casa». Il pubblico di Fassi è composto al 60% da italiani e al 40% da stranieri, specialmente asiatici. L’asporto è una componente importante del business, non solo per il gelato, ma anche per l’ampia proposta di semifreddi, oltre ai Sampietrini. A questo si aggiunge l’idea di servizio di servirsi del ghiaccio secco: è il famoso “Telegelato”, che consente ai prodotti Fassi di fare anche migliaia di chilometri e arrivare perfetto ogni parte del mondo.

L’intervista ad Andrea Fassi

Qual è la routine del laboratorio? Produciamo quotidianamente le basi del gelato fresche. Abbiamo in linea ancora le ricette ereditate dal mio bisnonno, che abbiamo solo riadattato quando la tecnologia lo richiedeva o al massimo modificato nelle materie prime. Il Ninetto, per esempio (una specie di stecco gelato, ndr) è lo stesso da cinquant’anni. D’altra parte il romano è tradizionalista: se gli cambi il prodotto si destabilizza.

Nessuno stoccaggio? Qualcosa solo per quanto riguarda torte e semifreddi. Prepariamo anche quelli quotidianamente, ma abbiamo bisogno che ci sia sempre un po’ di riserva per soddisfare le richieste. L’unico prodotto che viene preparato sempre in eccedenza sono i sampietrini, perché devono sempre esserci in stock, se mancano è un disservizio. Al contrario, per quanto riguarda il gelato, non è sconvolgente se un giorno un gusto finisce.

Quante sono le linee di produzione? Sono due, una per il gelato e l’altra per i semifreddi. Nel caso del gelato si preparano le basi nel pastorizzatore e poi vanno al mantecatore. Nel caso dei semifreddi il gusto si prepara aggiungendo la panna al gusto in questione: ad esempio quello alla crema prevede che la crema sia cotta in precedenza in un cuocicrema e poi unita alla panna montata e zuccherata.

I prezzi popolari vi hanno sempre caratterizzati. Mantenere i prezzi bassi, pur aumentando la qualità, è una promessa implicita che abbiamo fatto al bisnonno fondatore, che aveva lanciato il gelato per il popolo. Quando ha aperto lui c’erano le neviere, il ghiaccio costava e il gelato era appannaggio dell’alta borghesia. Oggi abbiamo il gelato a 16 euro al chilo, una scatola di sampietrini costa 9,60 euro e ce ne sono dodici, inoltre nel periodo invernale ci sono sempre delle scontistiche che ci aiutano a destagionalizzare il prodotto.

Alessandra Tibollo

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