A tu per tu con Mauro Iannantuoni, responsabile del laboratorio del maestro panificatore Davide Longoni, da poco ampliato

Quando proponi ai tuoi clienti 13 tipi di pane, con picco di 1200 chili sfornati a ridosso di un fine settimana e una media di 700 chili al giorno, serve organizzazione. Quando poi hai la vivacità creativa di un Davide Longoni da gestire, non solo serve: diventa vitale. Produzione e idee cantano la stessa melodia nel laboratorio al centro del piccolo universo milanese di Longoni, in via Tertulliano, a Milano. Circa 500 mq in una struttura che ormai ha qualche anno sulle spalle, ma che è stata ampliata per far fronte alle esigenze dei diversi punti vendita aperti in questi ultimi anni: Via Bronzetti, via Tiraboschi, mercato del Suffragio, mercato della Coldiretti e di Cascina Cuccagna. «Parte tutto da qui, abbiamo accentrato la produzione per tutti i negozi», spiega Mauro Iannantuoni (nella foto in alto) a Dolcegiornale. Mauro è una new entry nella famiglia professionale di Longoni: a inizio anno il panificatore che ha cambiato le regole del gioco sulla scena del pane - maestro riconosciuto ma soprattutto imprenditore della new wave del pane - lo ha voluto in squadra per dare una scossa (insieme hanno scritto a quattro mani un manuale intitolato "Il pane in casa"). Reduce da una lunghissima esperienza dietro le quinte della pasticceria di Ernst Knam, dove coordinava il laboratorio, Iannantuoni è entrato in via Tertulliano con una mission in testa: portare l'approccio non convenzionale tipico della panificazione firmata Longoni anche nell'offerta di pasticceria. Lavorare sulle farine, rendendo possibili le idee del padrone di casa.

Un laboratorio, quattro sezioni, tredici addetti

In parallelo, ha la responsabilità di coordinare il lavoro del laboratorio. «Ci sono 13 persone oltre a me», spiega, «ed è strutturato in quattro sezioni: preparazioni per la panificazione, forno, area cucina/cotture e pasticceria». Il core business è il pane: «Prima delle chiusure per il coronavirus eravamo sui 700 chili al giorno di produzione di pane, all'incirca suddivisi 50 e 50 tra fornitura dei negozi e fornitura ai ristoranti che mettono in tavola il nostro prodotto. Il fine settimana, con la produzione del sabato, siamo arrivati a 1200 chili. Adesso siamo fermi attorno ai 300-350. L'offerta è molto variegata: 13 tipi di pane, ma è un dato indicativo perché a seconda della stagione o della creatività del momento creiamo pani speciali. Mentre parliamo stiamo preparando un pane tipicamente autunnale, con castagne e zucca». C'è poi tutta la produzione di pizze e focacce, sempre per i punti vendita del panificio sparsi per la città. «Di pizze, focacce e focacce baresi prepariamo le basi qui, poi la rifinitura e la farcitura vengono completate nei punti vendita. Io ho un ruolo di supervisione, sono una sorta di filtro tra Davide e i ragazzi. Mi occupo della programmazione del lavoro e di tutto quanto riguarda la traduzione delle innovazioni in realtà. L'idea di un prodotto nuovo parte da Davide, poi io preparo ed eseguo tutte le prove necessarie, faccio i "collaudi" e il lavoro di finitura, e infine trasferisco al reparto. Curo, insomma, il passaggio dalla creazione alla messa in pratica». L'ultimo esempio è il pane di campagna, un pane realizzato con farina semi-integrale di tipo 2: «La massa dell'impasto viene fatta stabilizzare in frigorifero per una notte; il giorno dopo viene lavorata al tavolo, formata e messa in cottura». Con Mauro lavorano molto Fabio, responsabile degli impasti e del forno, e Matteo, che cura la pizzeria e la cucina, con tutte le preparazioni particolari che servono per le farciture - sempre per restare in stagione, c'è in lavorazione la crema di zucca destinata alla pizza vegana - e le proposte di tavola fredda dei punti vendita, come i club sandwich o le insalate.

Focus sulla prima colazione e il dolce

Non di solo pane, però, vive il business di Longoni. Ed ecco che l'ex capo pasticcere di Knam torna alle origini. «Naturalmente a farla da padrone sono i cornetti all'italiana per le colazioni. Però anche sul dolce la creatività non è mai ferma. Una delle ultime pensate di Davide è una focaccia dolce, adattata a fine estate per accogliere un ingrediente di stagione come i fichi; stessa operazione la stiamo replicando, ora, con l'uva fragola. Ne risulta un pane piacevolmente ricco e dolce». Il grosso del lavoro di ricerca e applicazione fatto negli ultimi mesi è quello sulle farine: «Abbiamo "ristrutturato" la frolla usando farine che hanno una identità, una storia, che arrivano dai campi di proprietà dell'azienda, a Chiaravalle e in Abruzzo, ma che non sono normalmente utilizzate in ambito pasticceria. Abbiamo creato una frolla semi integrale e l'abbiamo abbinata a una confettura di albicocche di Marco Colzani. Sempre con lui abbiamo avviato il progetto denominato Jam Session, una piccola campagna di raccolta di frutta che ha messo insieme un gruppo di panificatori che vogliono capire la materia prima, fare domande al contadino, confrontarsi tra di loro». Sono i ragazzi di Longoni, di Forno Brisa e di Panificio Moderno.

Panettoni "da panificio"

Infine, c'è la produzione di panettoni. «Molto intensa, e anche in questo caso c'è una differenza con il panettone classico di pasticceria. Quello che abbiamo cercato di realizzare è - come lo chiama Davide - il "cugino ricco del pane". Non carico di aromi e di vaniglia, ma con un gusto più neutro, da panificio. Leggero, scarico di elementi non essenziali e lavorato come un prodotto agricolo. Lavoriamo molto sul lievito perché pensiamo che da esso dipenda il 90% della riuscita di un panettone. Oltre ai negozi, ce lo chiedono molte aziende e, naturalmente, ci sono le vendite online».

Intervista a Mauro Iannantuoni

Prima di questa esperienza, dove hai lavorato?
Dal 2003, per quasi 11 anni in totale, ho lavorato nel laboratorio di Ernst Knam. Dal 2013 al 2018 c'è stata una parentesi piuttosto avventurosa: ho aperto una attività mia negli Stati Uniti, a Brooklyn, e poi sono stato Pastry chef all'Armani Restaurant a Manhattan. Sono tornato da Knam per poi uscire nel 2019. Ma i miei primi 8 anni di lavoro sono stati alla Pasticceria Pontiggia, in Brianza, dove mi sono fatto le ossa. Dopo un anno a California Bakery, mi parlarono della pasticceria di un signore tedesco che faceva dolci molto buoni...

State puntando molto sull'innovazione nel campo delle farine. Che valore aggiunto può dare all'offerta?
Importantissimo, ma attenzione perché l'innovazione dà un valore aggiunto se è possibile raccontarla al cliente. Bisogna poter spiegare che cosa si sta vendendo, cosa si usa, da dove arriva una materia prima e cosa diventa. Non basta un risultato promesso, bisogna tradurre in prodotti reali. Per questo io sono qui: per testare e sperimentare.

Dov'è la sinergia tra panificazione e pasticceria?
Per preparare il nostro pane usiamo farine di grano duro e grani antichi. Possiamo usarle in pasticceria, se vogliamo dare un gusto ancora più particolare a una frolla, magari con un blend di grano antico e farina tipo 1. Per andare oltre il tipo 0 e 00 bisogna lavorare sul bilanciamento e osare.

Il mantra di Davide Longoni è l'idea che il pane sia cultura. Si può fare anche con i dolci, grazie a questo lavoro?
Certo: tra i nostri dolci ci sono curiosità come lo challah, un pane dolce ebraico che viene mangiato il venerdì: è un pane molto semplice, ma amplia l'offerta e persegue proprio quell'obiettivo di portare "altro" in tavola, di fare cultura.

Su cos'altro si concentra il tuo lavoro di ricerca?
Su una conoscenza approfondita del lievito. Attenzione, su questo tema non è vero che siamo così rigidi. Bisogna usare il lievito giusto per i prodotti, siano essi pane o dolce. Il pane di campagna è fatto con un lievito liquido di segale, che conferisce acidità e profumazione. Per il panettone si usa un lievito a bassa acidità con tre rinfreschi, con batteri lattici, che deve conferire grande forza e resistenza in conservazione. Per i cornetti all'italiana, una lievitazione mista: lievito madre a due rinfreschi più lievito di birra.

Come si costruisce una organizzazione efficiente in laboratorio?
Si possono fare tanti ragionamenti, ma alla fine quello che conta davvero è saper scegliere le persone giuste e costruire un bel team, con chi ha tanta voglia di fare nei ruoli corretti.

Ernesto Brambilla

Matiba

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