La prima regola per fare buona comunicazione sul punto vendita è che avvenga altrettanto… tra proprietario e personale. «Troppo spesso manca il coinvolgimento del dipendente, che risulta così demotivato e quindi poco efficace con i clienti», ci spieg

La prima regola per fare buona comunicazione sul punto vendita è che avvenga altrettanto... tra proprietario e personale. «Troppo spesso manca il coinvolgimento del dipendente, che risulta così demotivato e quindi poco efficace con i clienti», ci spiega Roberto Rasia dal Polo, formatore nel campo della comunicazione per le vendite nel mondo retail. Persi tra strategie digitali e scatti per i social, molto spesso ci si dimentica che il contatto diretto in negozio resta un momento chiave. Rasia, autore del manuale I trucchi della comunicazione efficace (Jouvence editore), ha costruito i suoi consigli attorno a una scoperta nel campo delle neuroscienze: quella dei neuroni specchio. Scoperti nel 1996, si “attivano” sia quando il nostro corpo compie un movimento sia quando vediamo un movimento compiuto da un’altra persona. Pensiamo all’enorme fetta di comunicazione non verbale che il nostro corpo e i nostri atteggiamenti veicolano all’interlocutore. «Gran parte del messaggio che noi inviamo all’altra persona passa da come poniamo il nostro corpo», spiega l’esperto. Dunque, eccoci in pasticceria. Primo: allineare sensibilità del titolare e dei collaboratori.

«Dare dei ruoli e responsabilizzare i dipendenti dà ottimi risultati sul loro atteggiamento verso i clienti. Per contro, mai fare uno “shampoo” a un collaboratore davanti alla clientela. Umiliarlo pubblicamente serve solo a far precipitare la sua motivazione. Elogiare, quello sì va fatto in pubblico». L’altro grande tema è la propensione all’ascolto: «Un buon personale di servizio deve saper mettere in pratica l’ascolto assoluto, che fa ottenere ottimo riscontro dal cliente. Niente proposte commerciali urlate. Il livello acustico dell’ambiente deve esser controllato, per permettere l’ascolto. Benissimo offrire un assaggio di un dolce nuovo o insolito, ma senza sembrare al mercato. In queste occasioni bisogna strizzare l’occhio, far sentire il cliente un privilegiato. Ricordiamoci che l’umiltà fa vendere di più. Certo, il pasticcere o gelatiere “star” dà valore al locale, ma deve rimanere umile. Perché così non c’è arma dialettica che possa scalfirlo».

Gestire i conflitti in cinque mosse

Il cliente che entra già arrabbiato, una ressa improvvisa che allunga i tempi del servizio, un disagio per un errore: può succedere che in negozio si scateni una situazione conflittuale. Con l’esperto Roberto Rasia dal Polo, abbiamo individuato 5 regole da seguire. Filo conduttore: mai cedere al conflitto.

1. controllare il linguaggio del corpo: non incrociare le braccia in segno di chiusura, ma affrontare il problema apertamente anche con la propria fisicità;

2. calarsi nel disagio del cliente: con l’ascolto assoluto si riesce ad ammorbidire il dialogo;

3. bandire le negazioni: mai formule negative (“guardi che non è così”, “ma no”, ecc), meglio riprendere alcune frasi dell’interlocutore, ma virate in positivo;

4. ostentare padronanza: se si riesce diventare la persona che può risolvere ragionevolmente il problema, si trasforma il conflitto in una occasione per conquistare il cliente;

5. usare l’ironia: errore? ressa? Meglio scusarsi facendo capire cosa sta succedendo; con ironia, ma senza esagerare: si scadrebbe nella comicità (e nel ridicolo).

Ernesto Brambilla

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