La debolezza della Cannavacciuolo Bakery è subito evidente: nessuna vetrina o accesso fronte strada in via Giotto a Novara, nei locali rinnovati della storica Pasticceria Recalchi; per entrare tocca avventurarsi nel cortile interno del palazzo, il nego

La debolezza della Cannavacciuolo Bakery è subito evidente: nessuna vetrina o accesso fronte strada in via Giotto a Novara, nei locali rinnovati della storica Pasticceria Recalchi; per entrare tocca avventurarsi nel cortile interno del palazzo, il negozio è quasi invisibile dalla strada. Un limite strutturale che qui sperano di superare presto e che ha attirato qualche critica da parte della prima clientela (l’apertura è di fine agosto). La forza, però, è nei profumi beneauguranti che arrivano al naso quando si è ancora per strada, dalle finestre aperte del laboratorio, e nell’estetica raffinata dell’esposizione.

All’assaggio la qualità dell’offerta è evidente: pasticceria mignon; ampia scelta di torte, da fresche a secche; 12 proposte per la colazione; biscotteria. Poi il tocco napoletano, con caprese, pastiera, babà, sfogliatella alla ricotta, coda d’aragosta con panna. Sono solo all’inizio, qui a Novara: per l’inverno si punta a sviluppare la linea di cioccolateria con cremini, tavolette, cioccolatini, e del salato con focacce e pizza fritta. E poi ad andare incontro alle esigenze di intolleranti e celiaci, e dei nostalgici che si aspettano il Pane di San Gaudenzio, tipicità novarese nata proprio sotto la storica insegna F.lli Recalchi.

Il piccolo locale per la vendita è dominato dal bancone Libra, sugli scaffali il brand Cannavacciuolo è ben presente con l’inconfondibile volto dello chef che si alterna al marchio. Alle spalle, tre locali per il laboratorio - che con la sua produzione serve anche il Cannavacciuolo Bistrot di via Rosselli - e tre di magazzino. Ci lavorano, per ora, sei persone, sotto la supervisione di Kabir Godi, il pastry chef di Villa Crespi scelto da Cannavacciuolo per gestire questa nuova avventura.

«Mi servirà presto un’altra persona in laboratorio - spiega Godi - perché già dalle prime settimane abbiamo avuto un’ottima risposta della clientela. Contiamo di superare anche la difficoltà del mancato ingresso sulla strada, di ottenere il permesso necessario e di diventare così più visibili».

Quella di Canavacciuolo ormai è un’azienda articolata, con Villa Crespi, ristorante e hotel 4 stelle sul Lago d’Orta, il bistrot di fresca apertura a Torino, quello di Novara più rodato e ora anche la pasticceria. Nemmeno quest’ultima può esimersi dal seguire il mantra culinario del suo patron: ingredienti, ingredienti, ingredienti.

«Se c’è una voce su cui non è possibile nemmeno pensare di risparmiare qui è quella: abbiamo solo materie prime al top», spiega ancora Godi. La pasticceria non offre caffetteria («È stata una scelta obbligata dalla ristrettezza degli spazi. Calcolando che abbiamo il bistrot a poche centinaia di metri è stata anche una scelta serena») e ha gli stessi fornitori e le stesse condizioni di Villa Crespi.

«Se fossimo una “semplice” piccola pasticceria ci sogneremmo quel trattamento», confessa Godi. Potere del brand.

 

 

L'INTERVISTA A KABIR GODI

Trentadue anni e un curriculum splendente alle spalle, Kabir Godi è l’uomo di fiducia di Cannavacciuolo per la pasticceria. È stato un anno e mezzo a Villa Crespi prima di essere chiamato dal patron per gestire in autonomia l’apertura del novo locale.

Da quali esperienze professionali arrivi?

Arrivavo da Cova a Milano, dove ho lavorato per 7-8 mesi; prima sono stato cioccolatiere da Peck, per 4 anni, e prima ancora al Principe di Savoia. Avevo lavorato anche alla pasticceria Manzetti a Gozzano.

La tua formazione?

Ho seguito il triennio professionale di pasticceria a Gravellona Toce.

Come è stata l’esperienza di seguire un’apertura in autonomia e guidare un posto come questo?

Stimolante e molto impegnativo; devi capire spazi e metodi da zero. E, soprattutto, la clientela locale, attorno alla quale bisogna organizzare tutto. Qui a Novara l’interesse è tutto per la pasticceria mignon, molto meno per le torte, mentre ad esempio a Milano è il contrario. Non ce lo aspettavamo. Devo abituarmi a pensare a tutto io, dall’organizzazione all’acquisto dei macchinari al packaging, che ho studiato personalmente. Lo chef ovviamente mi trasmette la sua visione e i suoi desideri.

Chi entra cerca la tradizione, che la Pasticceria Recalchi incarnava, o cerca il marchio Cannavacciuolo?

Direi 50 e 50. Certo, il brand è forte ma può diventare uno svantaggio da gestire, perché crea altissime aspettative. La clientela arriva e si aspetta qualcosa di “clamoroso”, mille vetrine fronte strada con l’insegna, dimensioni importanti; si aspetta soprattutto "lui".

E cosa trova di lui?

Dello chef ci sono io. Lo conosco, so quello che vuole, quello che pensa, come gli piace lavorare. La clientela ci ha già dimostrato che alla fine ad attrarre è il prodotto, e infatti ora tornano tutti per quello.

Su che cosa deve puntare una pasticceria moderna?

Oggi è obbligatorio pensare all’estetica, che conta tantissimo. E poi sull’essere “smart” in alcune scelte. Abbiamo deciso di non proporre i biscotti al banco, per esempio: li abbiamo solo insacchettati, perché chi compra i pasticcini li vede e si lascia tentare. Una sorta di acquisto d’impulso comodo, di un prodotto di altissima qualità ma già pronto.

Risultato?

Ne vendiamo uno sproposito.

Ernesto Brambilla

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